GABRIELLA FERRI: Icona folk | Vinile

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È la caposcuola della nuova canzone romanesca ma è anche molto di più: cabarettista, personaggio televisivo, diva a suo modo. GABRIELLA FERRI è una delle protagoniste dell’ulitmo numero di VINILE!

Aggettivi come “straordinario”, “grandissimo”, “immenso” conoscono da anni un successo e un abuso che li ha consumati e privati di significato. Quindi, cosa dire quando si parla di un’artista come Gabriella Ferri, di un personaggio particolare come lei? Che soltanto la sua vita, le sue opere e le non troppe registrazioni delle trasmissioni e delle interviste possono – e non in modo esauriente – far capire chi sia stata davvero, assegnarle quegli iperbolici attributi restituiti al loro pieno valore, e aggiungerne un altro ancora: unica. Gabriella nasce al Testaccio, rione romano, il 18 settembre del 1942, e poi si trasferisce con la famiglia nel quartiere di San Giovanni, detto anche Appio-Latino, le cui origini alcuni fanno risalire addirittura agli Etruschi. Infanzia e adolescenza sembrano la sceneggiatura di un film. Nel ’76, ospite del programma Bontà loro, racconta a Maurizio Costanzo del padre Vittorio, personaggio chiave della sua vita: «Era un indio, carrettiere, impunito, sfacciato, elegantissimo, bugiardo, traffichino... È stato una vita a leggere il giornale e a farci andà a lavorà a noi, io e mia sorella. Andavamo in mezzo agli zingari con le vacche, lui guidava e noi dovevamo di’ “quattro pacchi di lamette per la barba più dura, più un pettinino per cento lire”». Un padre che Gabriella ha combattuto tutta la vita perché tanto simile a lei, e con cui, lui incolto ma con la passione per le canzoni romanesche, collaborerà varie volte, mettendo in musica i suoi testi: ne nasceranno brani davvero belli, come Se tu ragazzo mio (in cui c’è anche lo zampino di Piero Pintucci), presentato in coppia con Stevie Wonder al Festival di Sanremo nel ’69, o Notte serena, del ’71. Gabriella va a vivere da sola proprio perché non sopporta quell’ingombrante figura, e si adatta a fare vari lavori. Commessa in una boutique del centro, nel ’63 incontra Luisa, e con lei, pure appassionata di canzoni popolari come il padre, il regista Giuseppe de Santis, crea il duo Luisa e Gabriella, che comincia subito a girare per locali esibendosi in un repertorio folk romanesco. L’anno seguente le ragazze sono a Milano. Ospiti della giornalista Camilla Cederna, vengono scoperte da Enzo Jannacci che le fa esibire all’Intra Derby’s Club, dove le nota il discografico Walter Gürtler e le mette sotto contratto per la Jolly. Il passo successivo è un’apparizione nella trasmissione di Mike Bongiorno La fiera dei sogni; cantano La società dei magnaccioni, lato B del loro primo singolo Alla renella, brano tradizionale del XVIII secolo. È la svolta.

Luisa De Santis resiste solo due anni, poi lascia il duo: è troppo timida per quel lavoro, il pubblico le mette ansia. Gabriella condivide le stesse paure, lo stesso stato d’animo (lo rivelerà molti anni dopo il figlio), solo che ha un tale amore per la musica da obbligarsi a non mollare.

Nel ’66, primo album da solista e tournée in Canada, con uno spettacolo di musica popolare insieme a Otello Profazio, Caterina Bueno, Lino Toffolo; la regia è dell’acclamato Aldo Trionfo. Al ritorno, diventa quello che oggi si chiamerebbe “testimonial” per il Bagaglino, locale che va di gran moda e in cui prende a esibirsi regolarmente. Dopo un’altra tournée oltreoceano, questa volta in Sudamerica, conosce il diplomatico Giancarlo Riccio, che sposa e con cui va a vivere in Congo, a Kinshasa. Dura poco, il soggiorno africano: la nostalgia per Roma è troppo forte.

Al Festival di Sanremo del 1969 Gabriella ottiene un discreto successo, tanto che la sua etichetta, la RCA Italiana, fa uscire a fine anno l’album “GABRIELLA FERRI”, con brani tradizionali inediti, ritenuto una pietra miliare nella carriera dell’artista…

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