Il primo album da solista di SYD BARRET è un concentrato di confusione, stop and go e rappezzi alla meglio, e non potrebbe essere diversamente. Dopo il licenziamento dai Pink Floyd per le sue reiterate stranezze, due membri del management, Peter Jenner e Andrew King, scelgono di restare al fianco di Syd. Il primo, anzi, lo porta in studio nell'aprile 1968 per farlo lavorare su tre brani risalenti a circa sei mesi prima, ma senza cavarne un ragno dal buco. Quando poi la EMI passa la palla ad altro produttore, Malcolm Jones, tutto sembra andar meglio, con un mese di aprile 1969 ricco di registrazioni. Ma se da solo riesce ancora a gestirsi, nel momento in cui prova a lavorare con una sezione ritmica tornano a galla quei problemi già riscontrati con i Floyd e culminati nel famoso titolo burla Have You Got It Yet?
Eppure, è proprio David Gilmour a interessarsi dell'ex compagno nell'estate 1969, con l'aiuto di Roger Waters. L'obiettivo è riuscire in un modo o nell'altro a completare l'album in tempi brevissimi, dati i pressanti impegni della band. Missione portata miracolosamente a buon fine, tamponando per quanto possibile le incongruenze a livello di tempo e di intonazione. I risultato è dunque straniante: chitarre sbilenche, canto molto sopra le righe, cambi di accordi e atmosfere all'apparenza in-
comprensibili, talvolta completamente senza senso. Ma anche una manciata di brani affascinanti (Terrapin, Dark Globe, Here I Go, Octopus) che confermano il genio artistico di Syd Barrett.
Testo di Mario Giammetti, da Vinile #39
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