Simone Cristicchi torna a Sanremo con il brano Quando sarai piccola, una struggente dedica alla madre malata di Alzheimer. Un brano che ha colpito già dalla rivelazione del suo testo e fortemente voluto da Carlo Conti in questa 75esima edizione del Festival. «Quando sarai piccola era fermo nel cassetto da cinque anni. Aspettava il momento giusto. – dice il cantautore in conferenza stampa – Questa canzone è vita vera, vita vissuta ogni giorno. Anche per questo probabilmente mi sentirò nudo su quel palco, perché racconto qualcosa che mi succede quotidianamente».
Scritto dallo stesso artista insieme a Nicola Brunialti – con la musica composta da Cristicchi e Amara e gli arrangiamenti di Francesco Musacco – il brano sarà contenuto in Dalle tenebre alla luce (Dueffel Music/ADA Music Italy), speciale edizione dell’ultimo album in uscita il 14 febbraio in digitale, cd e vinile.
Simone Cristicchi a Sanremo con Quando sarai piccola
«Mi hanno sconsigliato tutti di inserirla in questo album. – racconta Simone Cristicchi in proposito – Non che le altre canzoni fossero minori, però questo brano in qualche modo aveva una potenzialità per la quale dovevamo attendere il momento giusto per farla ascoltare. Questo momento è arrivato grazie a Carlo Conti che l’ha voluta: ha compreso il suo valore che non è portare al Festival una bella canzone, ma molto di più». Il cantautore la definisce una «canzone terapeutica, che forse potrà aiutare a sensibilizzare su questo tema a mio avviso universale».
«Affronto Sanremo come una missione bellissima – continua – perché, al di là di quello che sarà poi il risultato finale, credo di avere già una vittoria spirituale in mano: posso cantare questa canzone davanti a milioni di persone e diffonderla anche grazie al vostro aiuto».
Non è stato facile – del resto – per Simone Cristicchi e Amara cesellare questi versi: «Ci eravamo concentrati soprattutto sulla tenerezza e su questo senso del prendersi cura. – spiega l’artista – Poi, parlando e discutendo anche di questo argomento con altre persone, abbiamo sentito l’importanza di inserire anche quel senso di impotenza di fronte a questa trasformazione della vita. La rabbia c’è, a me capita molto spesso di arrabbiarmi per quello che è successo e per la fatica di doverlo accettare. Se la costante dell’universo è la trasformazione, dobbiamo essere disposti ad accettarlo come il fluire naturale della nostra vita. Però non è un’impresa così facile».
La cover di Franco Battiato
Nella serata delle cover Simone Cristicchi duetterà con Amara sulle note de La Cura, uno dei brani più amati di Franco Battiato. Scelta non casuale, considerando che attualmente Simone Cristicchi e Amara sono impegnati nelle repliche del tour Torneremo ancora – Concerto mistico per Battiato. «Pensavamo si esaurisse in poche date – dice Cristicchi – invece è stato un successo incredibile. Abbiamo raccolto decine di migliaia di spettatori in tutta l’Italia e a marzo riprenderemo il tour dal Teatro Brancaccio di Roma».
E infine l’album, l’edizione speciale di Dalle tenebre alla luce, un tentativo «di sublimare anche la parte violenta, la parte nascosta in noi, per avvicinarci a qualcosa di puro». «Il 33esimo canto del Paradiso – spiega Cristicchi – racconta la visione della luce in cui Dante ficca il suo viso. Ha questa pretesa di raccontarci quello che c’è dall’altra parte della realtà. Ed è bellissimo questo richiamo alla nostra vita, questa metafora del viaggio dall’ombra alla luce, dalla materia allo spirito. In questo disco è presente molto questo tema. Lo so che è qualcosa che va controcorrente, ma io non mi sono mai fatto il problema di essere di moda. Anche a discapito del marketing, perché poi queste scelte si pagano».
Vuoi mettere però il senso di «libertà meravigliosa» che ne deriva? «Molti mi chiedevano Ma quando esce il tuo nuovo disco?. Io rispondevo dicendo che le canzoni continuavo a scriverle, ma le facevo ascoltare direttamente dal vivo. Poi però ho sentito davvero di voler registrare e lasciare una traccia di queste 11 tracce. Dentro c’è la mia visione dell’amore, della vita e anche della morte».
Foto di Giorgio Amendola