Richard Starkey, questo il suo nome all’anagrafe, ha iniziato a farsi chiamare “Ringo” proprio per via dei tanti anelli d’argento che indossava fin da ragazzo. Un accessorio diventato segno distintivo, tanto che, ancora oggi, è raro vederlo senza almeno un paio di ring per mano. Durante i primi anni con i Beatles, ne portava così tanti da sembrare quasi un rituale sciamanico: “Mi sentivo nudo senza”, ha raccontato in un’intervista. E “Starr” invece? Un tocco di vanità astrale: voleva brillare come una stella. Missione compiuta, diremmo.
Ringo non è stato solo il motore ritmico dei Fab Four: con la sua voce ha regalato al mondo perle come Yellow Submarine e Octopus’s Garden, ma soprattutto ha contribuito a rendere l’immagine dei Beatles meno perfettina e più umana. Buffo, umile, pieno di humour british, il suo stile rilassato ha influenzato generazioni di batteristi – e collezionisti di anelli.