Al servizio di ANIMA LATINA | Prog

Lucio Battisti © Creative Commons
«Lucio negli anni post Mogol ha letteralmente voltato le spalle al successo e al suo pubblico… ha rovesciato il tavolo e mandato affanculo tutti» – leggi l’estratto dal numero #60 di Prog!
Testo: Stefano Milioni - da Prog #60

Milano, primavera 1973. Lucio Battisti inizia a lavorare a un nuovo progetto discografico (ANIMA LATINA). È in cerca di sonorità scarne ed essenziali, vuole una formazione ridotta all’osso. La scelta cade sul batterista mantovano Gianni Dall’Aglio – ex Ribelli e con lui nell’album precedente – e sul genovese Bob Callero, già bassista del gruppo progressive Osage Tribe e ai tempi componente dei Duello Madre.

La band Duello Madre era prodotta dal pianista, arrangiatore e direttore d’orchestra Gian Piero Reverberi. È proprio lui a suggerire Callero a Battisti. Qualche mese più tardi, nel settembre del 1973, uscirà IL NOSTRO CARO ANGELO, che segna l’inizio di un periodo sperimentale per l’artista di Poggio Bustone. È una fase che culminerà nel 1974 con la pubblicazione di ANIMA LATINA, disco di culto che Battisti realizzò anche grazie al prezioso contributo di musicisti come – oltre a Dall’Aglio e Callero – Claudio Pascoli, Claudio Maioli e Massimo Luca. Nell’intervista che segue, tratta dal libro ANIMA LATINA. ANATOMIA DI UN CAPOLAVORO (Arcana Edizioni, novembre 2024) di Stefano Milioni e Sergio Albonico, Callero racconta la sua non sempre facile esperienza con Battisti, dai giorni de IL NOSTRO CARO ANGELO a quelli delle prime prove al Mulino e delle registrazioni di ANIMA LATINA al Fonoroma di Cologno Monzese.

È vero che hai iniziato a collaborare con Lucio Battisti grazie a Gian Piero Reverberi?

Sì. Reverberi produceva a Genova il nostro gruppo Duello Madre e Lucio era alla ricerca di nuovi musicisti, voleva uscire dal solito giro di turnisti che venivano convocati per le sue registrazioni a Milano. Reverberi è una persona di cui avevo e ho una stima infinita per il suo rigore, devo quasi tutto a lui, che mi portò a Milano alla corte di Lucio e da lì partì la mia carriera, a seguire tutto quello che ho combinato nella vita. Fossi rimasto a Genova, conoscendo la città e le sue non potenzialità, sarebbe stato peggio.

Provenivi dall’esperienza con gli Osage Tribe di Franco Battiato e dei Duello Madre, come ti sei trovato in un contesto musicale apparentemente così diverso?

Mi sono trovato subito a disagio nel venir messo a parte di canzoni “commerciali”. Non potevo pensare che Lucio per quel tempo fosse una specie di piccolo rivoluzionario, mi sembrava un “canzonettaro” rispetto alla media del mondo musicale che vivevo, che arrivava da Miles Davis, dalle contaminazioni fra jazz e rock, dal prog. Quindi c’è stato un forte disagio. Il carattere di Lucio poi, inizialmente, non aiutava assolutamente.

Lucio Battisti, Prog #60
Lucio Battisti, Prog #60

In che senso?

Nel senso che – cosa che io poi nel tempo ho imparato ad apprezzare – non si fidava molto degli estranei, voleva essere sicuro di chi aveva davanti. Anche se io ho superato subito il provino…

 

 

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