Strazio, storia e violenza: la ribellione del PUNK

Foto via: www.playbuzz.com Where: Kings Road, 1980
Manchester, 1977: è l’inizio della grande ribellione punk, il detonatore che mette in moto, nel rock ma non solo, un micidiale movimento internazionale.

Mucchio di fascisti!”, strillava il punk. L’attacco era rivolto al comportamento dell’intera razza umana: “Sii uomo / Uccidi qualcuno / Sii uomo / Uccidi te stesso”. A corredo: uno sputo sul vetro, la maglietta delle Brigate Rosse, un’ammissione di sconfitta. Attraverso la musica e il cinema.

E' nella seconda apparizione a Manchester, autunno ’77, che i Sex Pistols eseguono per la prima volta Anarchy In The UK, il brano/dinamite con la doppia rima antichrist/anarchist. È l’inizio della grande ribellione punk, il detonatore che mette in moto, nel rock ma non solo, un micidiale movimento internazionale che ancora oggi si fa fatica a capire in tutta la sua vera portata rivoluzionaria.

La verità la sanno solo i teppisti”, diranno i Clash in Garageland; e i Pistols: “Noi siamo il romanzo dietro lo schermo”, quasi un invito a rivedere l’intero film del punk dal punto di vista del backstage. Un’ondata nera, violenta, indefinibile, che invade  e contamina tutto, mercato giovanile, musica, cinema, diventa storia, nuova dignità e strazio di ragazzi e ragazze. Un’onda che man mano si allarga al sociale, si fa insurrezione, violenza, degrado rifiutato e creato, distruzione sistematica (senza prigionieri) di ogni forma di vita possibile all’interno del sistema e del mercato del capitale.

Poi nel 1978, con il tour statunitense delle “pistole del sesso”, la rivolta inglese si unisce a quella americana, alla No Wave di New York dove i nuovi musicisti e cineasti (da Lydia Lunch a Jarmusch, da John Lurie a Richard Kern, a tanti altri) stanno lavorando sulla musica dai tempi della Factory e del CBGB.

La Punk Army: l'esercito disilluso del punk sbarca in America

Punk
(L-R) Johnny Rotten, Sid Vicious, Steve Jones and Paul Cook of The Sex Pistols playing with straws in Luxembourg. November 1977. © Bob Gruen / www.bobgruen.com

E’ nella seconda apparizione a Manchester, autunno ’77, che i Sex Pistols eseguono per la prima volta Anarchy In The UK, il brano/dinamite con la doppia rima antichrist/anarchistÈ l’inizio della grande ribellione punk, il detonatore che mette in moto, nel rock ma non solo, un micidiale movimento internazionale che ancora oggi si fa fatica a capire in tutta la sua vera portata rivoluzionaria.

La verità la sanno solo i teppisti”, diranno i Clash in Garageland; e i Pistols: “Noi siamo il romanzo dietro lo schermo”, quasi un invito a rivedere l’intero film del punk dal punto di vista del backstage. Un’ondata nera, violenta, indefinibile, che invade  e contamina tutto, mercato giovanile, musica, cinema, diventa storia, nuova dignità e strazio di ragazzi e ragazze. Un’onda che man mano si allarga al sociale, si fa insurrezione, violenza, degrado rifiutato e creato, distruzione sistematica (senza prigionieri) di ogni forma di vita possibile all’interno del sistema e del mercato del capitale.

Poi nel 1978, con il tour statunitense delle “pistole del sesso”, la rivolta inglese si unisce a quella americana, alla No Wave di New York dove i nuovi musicisti e cineasti (da Lydia Lunch a Jarmusch, da John Lurie a Richard Kern, a tanti altri) stanno lavorando sulla musica dai tempi della Factory e del CBGB.

La Punk Army: l’esercito disilluso del punk sbarca in America

Il corto circuito però esploderà a Los Angeles, quando spuntano altre band più feroci e velenose (FearGerms) che raccolgono e rilanciano la sfida: verso i  Nirvana, i Sonic Youth, gli anni Novanta… Loro però si chiamano fuori, fin dall’inizio. I loro sono dischi e film provvisori, se ne fregano allegramente dell’autosufficienza arrogante del prodotto d’autore. La musica e il cinema punk hanno sempre saputo di avere il fiato corto, di essere “piccole macchine di ribellione e autovalorizzazione lì dove potrebbe esserci null’altro che il crogiolarsi, o il suicida muoversi armato, nella disperazione” (Roberto Silvestri).

Sono arrivate un attimo dopo il crollo delle prime illusioni, e hanno capito, seppure confusamente, come e da chi la grande truffa del rock’n’roll era stata messa in moto: nella musica come nel cinema sono sempre gli altri che decidono quello che deve succedere. Il punk aveva raggiunto la sua punta più furiosa nell’estate del 1977. Guidate dai Pistols e dai Clash, le bande punk del Regno Unito avevano dato l’assalto all’establishment del rock, chiedendo un cambiamento radicale e  dando voce alla rabbia dei ragazzi che si erano radunati attorno a loro (la punk army).

Quando il punk tocca il fondo: la fine della stagione

Poi, nel giro di un anno, molti dei protagonisti di quella virulenta stagione arrivano a toccare il fondo: gruppi che spariscono, confusione, disillusione, disgusto  per le macchinazioni del rockbiz. Qualcuno (i Clash) sopravvive; altri, come i Sex Pistols, si fanno autoesplodere lontano in una fiammata di gloria; altri ancora, gli Sham 69, crollano proprio sulle contraddizioni che essi stessi avevano messo in moto. Ed è il cinema, come non si era mai visto prima, a documentare tutto  questo. Un cinema che arriva appena in ritardo, ma c’è, è lì in prima fila, durante gli scontri di King’s Road, le corse a Camden Town, le manifestazioni selvagge  del giubileo, gli arresti, il carnevale giamaicano di Notting Hill, soprattutto durante i concerti che hanno spazzato tutti i locali di Londra.

Dall’alto del cavalletto di una cinepresa è più facile capire da che parte stanno il capitale morto e il lavoro vivo, da che parte tirano il desiderio e la rivolta sgolata. Il capitale morto è lì sul  palco, fatto di amplificatori, macchine, programmi; mentre il lavoro vivo è soprattutto giù in platea dentro l’onda saltellante dei ragazzi, fatto di ballo (pogo), di  sudore, comportamenti tra lo sputo e lo strappo. Lì, sul palco e in platea, la rabbia e l’energia per un cambiamento vero, come non c’era stato da anni nella cultura giovanile e nel rock.

Tratto dal numero #58 di Classic Rock

 

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