Dave Gilmour, Pink Floyd, Animals Libro
Dave era quanto di più lontano potesse esistere da un attivista politico. E non era neppure il modo in cui intendeva la musica. Non lo era mai stato. Suo padre era un professore di Cambridge, lui stesso definiva la sua famiglia come appartenente a quella classe benestante che, nonostante la crisi che attanagliava il Regno Unito, sembrava comunque passarsela bene. Diciamocelo, anche gli altri suoi tre compagni di avventura nei Pink Floyd venivano tutti da buone famiglie della borghesia. Il papà di Rick era un biochimico di un’importante azienda quotata in borsa; Nick aveva una bella casa ad Hampstead dove suo padre, documentarista e regista, si era trasferito da Birmingham per motivi di lavoro; Roger era rimasto orfano del padre fin da piccolo, e con la madre insegnante si era trasferito a Cambridge dove viveva comunque una vita relativamente agiata. No, nessuno di loro aveva sgomitato nella fatica della working class, né tantomeno era costretto a dover sfondare per evitare di finire in una qualche miniera del Galles.
E a Dave, delle questioni politiche di quel periodo interessava molto relativamente. Il fatto che ci fosse al potere il laburista Harold Wilson non rappresentava per lui un problema, anzi. Dopotutto, Wilson era anche quello che aveva proposto alla regina Elisabetta II di nominare baronetti i Beatles. Semmai il problema era che, nonostante la sua elezione nel febbraio del 1974, la crisi che attanagliava il Regno Unito non sembrava accennare a diminuire. Certo, per Dave non era un dramma, non lo era per nessuno dei Pink Floyd, ma vivere in Inghilterra significava comunque respirare quell’aria, sapere che intorno a te c’erano sindacati in perenne agitazione, scioperi a catena nelle acciaierie, una disoccupazione che cresceva sempre di più e che era arrivata a superare la quota di un milione di persone senza lavoro. Senza poi parlare dell’inflazione, che nel 1975 aveva raggiunto il picco vertiginoso del 24%, con conseguente drammatico aumento del debito pubblico. Un disastro. Ma quando vendi dieci milioni di copie con il tuo disco migliore, certi problemi diventano meno problematici, pur essendo dentro casa tua.
Quella mattina era arrivato ai Britannia Row prima del solito. Si era accordato con Nick per mangiare qualcosa insieme in quel ristorante libanese dove cucinavano un ottimo dawali. Non erano certo i loro piatti preferiti, ma se c’era una cosa che aveva imparato dopo il tour di The Dark Side of the Moon, era che non doveva abusare del suo stomaco. Nick era un ragazzo davvero piacevole, lo sapeva da tempo. Appena entrato nei Pink Floyd, fu lui quello che lo aiutò ad ambientarsi meglio nel gruppo. Sapete cosa significava sostituire Syd Barrett? No, non credo possiate immaginarlo. Diciamo solo che ai primi concerti della band tra il pubblico c’era gente come un tale David Robert Jones, allora poco più che ventenne, che studiava e memorizzava le mosse del diamante folle dei Pink Floyd, e che qualche anno dopo si sarebbe buttato nella musica con il nome di David Bowie. O come Malcolm McLaren, che di lì a poco sarebbe diventato il fautore del successo dei Sex Pistols…
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