PROG goes Punk: il cambiamento nell’aria

Un sedicenne di nome Rikki Nadir, pieno di rabbia e aggressività, è probabilmente l’ultimo personaggio che ci si aspetterebbe provenire dalla mente di uno dei simboli del progressive rock. Specialmente se il calendario segna la prima settimana di dicembre del 1974. Eppure, è proprio di questo che trattano le undici canzoni registrate da Peter Hammill presso i Rockfield Studios di Rockfield, nel Galles, per il suo quinto album solista, NADIR’S BIG CHANCE.

All’epoca il prog è, almeno apparentemente, ancora nel pieno del suo fulgore, ma il leader dei Van der Graaf Generator, in quel momento inattivi, ha capito che, sottotraccia, sta soffiando un vento di cambiamento. Curiosamente, viene preceduto di sole poche settimane da un altro celeberrimo Peter del prog inglese, Gabriel, che ha appena cantato le gesta di un altro disadattato, Rael, in quello che sarà il suo ultimo album con i Genesis, THE LAMB LIES DOWN ON BROADWAY. 

I due nomi di punta della Charisma Records, l’etichetta di Tony Stratton-Smith, si apprestano quindi, con tempi e modalità certo diversi, a sferrare una sonora pedata alle atmosfere tipiche del progressive rock in una trasformazione che investe anche la musica.

Hammill fiuta il 77: sta per arrivare il punk

Nel caso di Hammill, la chiave di volta sonora è la chitarra elettrica, con la quale:

Avevo acquisito una certa confidenza. Forse se avessi inciso in quel periodo FOOL’S MATE o THE AEROSOL GREY MACHINE, anche quelli sarebbero stati più heavy.

Si ascolti per esempio la title track, scritta musicalmente da Hammill all’età di 16 anni (il testo, un attacco al glam rock, molto tempo dopo):

Mi ricordo che scapparono tutti dalla control room a causa del volume dello pseudo assolo che suonai su una lap steel economica.

Un disco (privo dei testi per decisione dello stesso Hammill) che sarebbe salito alla ribalta qualche anno dopo, nel corso del Tommy Vance Show trasmesso da Capital Radio il 16 luglio 1977. L’ospite di quel programma, John Lydon, ne farà infatti ascoltare tre canzoni (The Institute Of Mental Health, Burning e Nobody’s Business) e dirà al microfono:

Peter Hammill è un grande, un vero originale. Mi piace da anni. Ascolta i suoi album solisti, sono assolutamente sicuro che Bowie ha copiato un sacco da questo vecchio. Non ha mai ottenuto il credito che avrebbe meritato.

 

Un’investitura davvero inattesa, da parte del simbolo del punk. Ma non un’attestazione di stima isolata, poiché di Hammill avrebbero tessuto le lodi, negli anni, anche altri artisti lontani dal prog come Marc Almond, Graham Coxon, Robert Smith, Julian Cope e John Frusciante. 

Ma se per i Genesis le registrazioni di THE LAMB sanciscono effettivamente l’addio definitivo tra Gabriel e i compagni, NADIR’S BIG CHANCE è, invece, il medium attraverso il quale il generatore riprende a produrre energia. Tanto che l’album vede Hammill affiancato da David Jackson al sax, Guy Evans alla batteria e Hugh Banton a basso e tastiere...

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Tags: progpunk

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