MARC BOLAN: come spazzò via le reliquie degli anni 60

Marc Bolan, Chelita Secunda e Mickey Finn, 1972 - picture found on @Johnny Pimples
Marc Bolan, Chelita Secunda e Mickey Finn, 1972 – picture found on @Johnny Pimples
Mettete una rockstar sotto pressione e crollerà. O forse realizzerà il suo capolavoro. Tony Visconti ricorda il periodo trascorso in studio con Marc Bolan e i T-Rex.

Siamo nella primavera del 1972 e Marc Bolan, il resto dei T. Rex e il produttore Tony Visconti – che ci racconta questa storia – viaggiano in una limousine dall’aeroporto di Orly diretti allo Château d’Hérouville, un edificio del XVIII secolo fuori Parigi ristrutturato da poco e trasformato in uno studio di registrazione all’avanguardia. Quel giorno, li attende una session di registrazione cruciale. Bolan si sta scolando una bottiglia di cognac Courvoisier, improvvisando uno sgangherato blues: “I’m an old bulldog”, ripete senza sosta, fissandosi su  quest’unico verso. Cerca di convincere i suoi compagni  a unirsi a lui, ma loro non sembrano dell’umore giusto. Visconti e gli altri fanno finta di trovare interessantissimo il panorama che scorre fuori dai finestrini. “Forza, tutti assieme: “I’m an old bulldog!”, li esorta Bolan. “Forza, fighette!”. Alla fine, Mickey Finn, il percussionista, cede alle insistenze. Gli altri sono troppo irritati e demoralizzati per accondiscendere. Arrivati allo Château, le cose non migliorano. Bolan pretende “la stanza della star”, non rendendosi conto che si  tratta della stanza da letto del proprietario del castello. A cena fa fretta al gruppo, dicendogli che non li paga per mangiare, ma per fare un disco. Visto che le loro paghe sono ancora ferme a 75 sterline alla settimana e che le royalty spettanti a Visconti sono state dimezzate, l’atmosfera a tavola non è delle migliori.

Marc aveva iniziato a bere”, ricorda Visconti. “E aveva assunto un atteggiamento molto intimidatorio verso il gruppo. Era arrivato al punto che avevano quasi paura di guardarlo in faccia. L’atmosfera era diventata strana ed io ero pronto ad andarmene in un qualsiasi momento. Però, con me non se la prese… E fece bene. Per cui rimasi. Ma era veramente intrattabile. ELECTRIC WARRIOR [il disco del 1971 dei T. Rex, ndr] era stato grandioso e tutto sembrava andare per il meglio. E il fatto che alla fine sia Hot Love che Get It On fossero arrivati al n. 1 in classifica e ci fossero rimaste per delle settimane era stato uno sballo. Ora invece era tutto strano”. Eppure, malgrado questo avvio poco incoraggiante, le session che produssero il nucleo del nuovo disco si risolsero in uno dei momenti più alti nella storia del rock commerciale.
Vedi, a volte succedono cose buone, e a volte capitano quelle cattive”, sintetizza Visconti con un pizzico di filosofia. “Alla fine, possiamo dire che ci divertimmo. Malgrado tutta la pressione che gravava su di lui, Marc realizzò uno dei migliori dischi dei T. Rex: belle canzoni, ottimo sound. Se lo riascolti oggi, Marc Bolan suona sempre… geniale”.

Quei dischi furono rivoluzionari: con i suoi ricci e il glamour Bolan era una rockstar perfetta

Pubblicato nel luglio del ’72, THE SLIDER cavalcò il successo di Telegram Sam e Metal Guru, due dei pezzi più maliziosi che abbiano mai stazionato nelle classifiche di Top of the Pops. Il disco però arrivò solo al n. 4 in Inghilterra e a malapena entrò nella Top 20 negli Usa. Il risultato fu che Bolan andò in paranoia, terrorizzato alla sola idea che il suo status di superstar, faticosamente raggiunto dopo anni di aggiustamenti stilistici, potesse svanire velocemente così come era arrivato. In un’intervista al «New Musical Express», osservò: “non puoi fare nulla riguardo quello che la gente pensa di te, ma mi seccherebbe molto se la stampa non mi considerasse perlomeno un musicista e un poeta. Se ci sarà una rivoluzione nella musica, arriverà dai giovani: se li ignori, ti tagli fuori dalla vita vera. Con THE SLIDER dovremmo essere riusciti a convincere quei pochi che ancora mi accusano di fare sempre ‘gli stessi’ singoli, dimostrandogli che siamo un gruppo molto più ricco e profondo”.
Per un fan adolescente che scopriva la gioia pura e intensamente sessuale della musica, questi dischi in effetti erano rivoluzionari. I T. Rex avevano venduto 16 milioni di dischi in meno di un anno e mezzo – più o meno il 4% di tutti i singoli venduti in Inghilterra in quel periodo. Con i suoi ricci e il suo glamour, Bolan era una rockstar perfetta e, assieme al suo amico/rivale Ziggy, aveva, almeno ai nostri occhi di adolescenti, spazzato via reliquie degli anni 60 come Stones, Dylan e Beatles. Sicuramente, quelle vecchie mummie non sarebbero mai riuscite a tornare sulla cresta dell’onda dopo questo uragano ultraterreno di riff sensuali e folle poesia, che li aveva battuti su tutta la linea.

Tony Visconti è stato un elemento chiave di alcuni fra i momenti più significativi della storia del rock: i Tyrannosaurus Rex, gli anni d’oro di David Bowie, i Thin Lizzy, gli Sparks, Iggy, gli Stranglers, Adam Ant, i Manic Street Preachers e altri ancora, fino al magico BLACKSTAR, il canto del cigno di Bowie. In questo momento, è al lavoro in uno studio a Los Angeles, ma fa volentieri una pausa per tornare con i ricordi al periodo a cavallo tra il 1971 e il ’72, ripensando a quello che fu “uno strano snodo nella carriera di Marc”. Il successo sensazionale di ELECTRIC WARRIOR significava una cosa: quando le vendite di quel disco alla fine avrebbero iniziato a rallentare, “era necessario colmare il vuoto. Marc era ansioso di fare subito un nuovo disco. Ecco perché iniziò a bere troppo, e a preoccuparsi di questioni economiche. Avevamo prenotato solo quattro giorni di sala, ma se ricordo bene in così poco tempo registrammo 17 canzoni. Lavoravamo da quando ci svegliavamo a quando andavamo a letto, senza sosta”.

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