Quando Steven Wilson inventò per scherzo i Porcupine Tree

porcupine tree

Il nome dei Porcupine Tree è ancora oggetto di elaborate teorie. Ma la storia del noto gruppo prog britannico comincia per caso, dalla fantasia del suo fondatore.

Conoscete i Porcupine Tree? La storia della band britannica, nata nel 1987, è curiosa fin dal nome. Steven Wilson, fondatore del gruppo, non ha mai voluto rivelare cosa significhi “Albero di Porcospino”, lasciando che le teorie si alimentassero negli anni.

Un'ipotesi richiama una leggenda degli Indiani d'America che racconta di un porcospino che riesce ad ingannare gli altri animali piantando un albero sotto di sé, in modo da poter lanciare verso il basso i suoi aculei per ucciderli. Qualcun altro invece fa riferimento a un libro di Douglas Hofstadter, dal titolo Metamagical Themas, che contiene un’immagine di un albero infinito di porcospini per illustrare i frattali (oggetti geometrici dotati di omotetia interna). Una teoria considerata astrusa dai più, ma che potrebbe essere corretta alla luce del passato di Steven Wilson, un ex programmatore appassionato di scienza.

Attenzione, il nome non è l’unica stranezza di un gruppo che, negli anni Duemila, ha segnato il rock progressivo e sperimentale (pensiamo alle sonorità psichedeliche di Fear Of A Blank Planet, dall'omonimo album del 2007).

I Porcupine Tree nacquero infatti da uno scherzo tra il polistrumentista inglese Steven Wilson e Malcolm Stocks. I due decisero infatti di dare vita a una finta rock band ispirata ai suoni degli anni Settanta, dei Pink Floyd in particolare. Inventarono tutto: il nome, “Porcupine Tree” appunto, i membri della band, i titoli degli album, e persino una storia fittizia di raduni a festival e viaggi dentro e fuori dalle prigioni di stato. Il classico stile di vita delle più note formazioni musicali degli anni Settanta, che ispirò del resto il noto mockumentary This is Spinal Tap di cui vi abbiamo parlato in questo articolo.

Come successe agli Spinal Tap, anche i finti e fantasiosi Porcupine Tree divennero a poco a poco realtà. Steven Wilson, infatti, mise da parte un po' di soldi per comprare l'attrezzatura per la registrazione e creò diverse ore di musica per provare l'esistenza del suo gruppo immaginario.

Mentre portava avanti un progetto parallelo, i No-Man, insieme al cantautore britannico Tim Bowness, incise con il nome di Porcupine Tree una cassetta di ottanta minuti intitolata TARQUIN’S SEAWEED FARM. Ovviamente, c’era solo Steven, ma Wilson, eccentrico come non mai, si dilettò nel produrre un libretto di otto pagine che conteneva delle informazioni sugli immaginari membri della band, come Sir Tarquin Underspoon e Timothy Tadpole-Jones.

Partecipò poi a qualche compilation di musica psichedelica e, nel 1990, pubblicò l'EP THE LOVE, DEATH & MUSSOLINI in sole dieci copie, seguito dall'album THE NOSTALGIA FACTORY e da ON THE SUNDAY OF LIFE..., disco che consacrò i Porcupine Tree tra gli eredi dei Pink Floyd, con le loro atmosfere e tonalità psichedeliche d'avanguardia.

Ennesima sorpresa: dietro il disco non c'era nessun Porcupine Tree, ma solo lui, Steven Wilson, eccezionale polistrumentista, nonché abile manipolatore di suoni.

Sovraincidevo tutti gli strumenti nel mio studio e mi preoccupavo poco che qualcuno pensasse che fossi una band o un progetto solista, così decisi per qualcosa di misterioso, dicendo che erano brani prodotti e suonati dai Porcupine Tree.

Perché a Wilson si affianchino altri compagni, quelli che saranno i veri Porcupine Tree, occorrerà aspettare il dicembre 1993, quando nel gruppo entreranno il bassista Colin Edwin, il batterista Chris Maitland e l’ex tastierista dei Japan Richard Barbieri.

D'altronde, i fan chiedevano esibizioni dal vivo. E il creativo, bizzarro Wilson, non poteva presentarsi sul palco da solo, tanto meno con una band immaginaria.

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