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Syd Barrett, un diamante che non ha mai smesso di brillare

Roger Keith nasce a Cambridge nel 1946 da una famiglia borghese, quarto di cinque figli, molto coccolato da tutti e felice di essere al mondo.
Ogni sera, prima di addormentarsi, gli viene letta una storia tratta dai suoi racconti preferiti, quelli che vedono protagonista Winnie, un orsacchiotto, dolce e curioso proprio come lui. Ne è talmente appassionato che per Natale riceve il peluche di Winnie the Pooh che porterà sempre con sé, anche a dispetto delle prese in giro da parte dei suoi compagni di classe. Le bambine, invece, lo apprezzano molto, specialmente Emily, la sua vicina di banco che parla pochissimo ma inventa sempre giochi incredibili.

Roger trascorre gli anni delle elementari al suo fianco e ogni pomeriggio, mano nella mano, con Emily scopre il mondo fantastico dei loro eroi letterari, gli amici animali di Winnie, il tè del pomeriggio con Alice o le perle di saggezza dei Barbalberi. Passa il tempo e Roger, che suona anche la chitarra con un certo talento, cambia scuola e compagni di classe, e i pomeriggi con Emily diventano sempre più sporadici. Frequenta un altro Roger, un ragazzino che come lui s’interessa di  musica e arte ed è anche per affermare la sua unicità che decide di farsi chiamare Syd. È così che incomincia il suo vero viaggio alla scoperta di un mondo parallelo dove Syd fa cose che Roger Keith non potrebbe mai fare.

Hanno entrambi sedici anni quando decidono di fare sul serio e mettono su una band che incomincia a farsi una qualche reputazione suonando le canzoni dei Beatles per scuole, feste e pub di campagna. La morte del padre di Syd si abbatte su quel momento felice come un temporale d’estate. Tra le pareti della sua camera da letto, Syd torna a essere Roger Keith, sdraiato sul letto, a osservare il soffitto, stretto al suo orsacchiotto, aspettando che il Cappellaio Matto torni a  fargli visita e sperando di rivedere la dolcissima Emily per giocare con lei ancora una volta.
Saranno Roger e gli altri amici a tirarlo fuori dalla sua stanza; suoneranno insieme per molti giorni, che diventeranno settimane, poi mesi, poi anni. Syd usa la musica per parlare a se stesso, a quel Roger Keith bambino che non vuole lasciarsi alle spalle e, quando non ci riesce con le canzoni, lo fa con la pittura. Dipinge paesaggi sempre più astratti, utilizzando colori molto vividi, perché è così che si sente.

Il giorno in cui lui e gli altri musicisti devono scegliere un nome per la band, Syd sta dipingendo una tela completamente di rosa. “È un colore che riporta all’infanzia dello zucchero filato, all’amico Piglet di Winnie the Pooh, ma è anche il colore che viene fuori quando il sangue macchia la neve, fluido, denso, carico di ambiguità”. I Pink Floyd saranno per Syd la consacrazione di quei suoi due universi.

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