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Yardbirds: cinque ragazzi inglesi e il blues

Nelle stagioni ruspanti del british blues revival, Giorgio Gomelsky è un personaggio centrale. Nato in Georgia ma cresciuto tra Italia e Svizzera, è un jazzofilo entusiasta, è il proprietario del Crawdaddy ed è il primo manager dei Rolling Stones. Interessato soprattutto al lato artistico del business musicale, il blues non lo intende confinato nello stretto sentiero predicato dai puristiA «Tape Op» nel 2007 racconterà: 

Un giorno stavo salendo le scale verso la sala dove stava provando una band che il mio complice Hamish Grimes aveva scovato. Sentivo come acceleravano e rallentavano e ho pensato che era il gruppo che avrebbe dovuto seguire gli Stones al Crawdaddy. Così ho iniziato a lavorare con i ragazzi ed era fantastico. Avevano idee e io gli dicevo di ampliarle. Gli ho fatto ascoltare un po’ di musica concreta e roba del genere, chiedendo se potevano fare questo tipo di cose con le chitarre.

I ragazzi sono Keith Relf al canto e all’armonica, Paul Samwell-Smith al basso, Chris Dreja e Anthony “Top” Topham alle chitarre, Jim McCarthy alla batteria. Gli Yardbirds. Divenuti l’house band del locale, in breve devono sostituire Topham, che ha quindici anni e genitori poco felici che la musica distragga il figlio dagli impegni scolastici. Così viene contattato Eric Clapton, un abituale frequentatore del Crawdaddy.

Suonavano belle canzoni rhythm’n’blues come You Can’t Judge A Book di Bo Diddley o Smokestack Lightning di Howlin’ Wolf. Solo il fatto che le conoscessero era per me abbastanza per unirmi a loro.

Scrive il chitarrista in Autobiography.

Poi la formazione accompagna Sonny Boy Williamson II in alcune date inglesi (nel 1966, parzialmente documentate su SONNY BOY WILLIAMSON II & THE YARDBIRDS) e quando è sola va bella tosta. Su impulso soprattutto di Samwell-Smith, che è un po’ il leader musicale, spinge su un blues molto tirato, definito all’epoca rave up, estendendo i pezzi con modi sfrontati che portano il pubblico a una festosa isteria.

Scritturata dalla Columbia, la band incide i suoi primi due singoli, I Wish You Would e Good Morning Little Schoolgirl, e in dicembre pubblica FIVE LIVE YARDBIRDS, registrato dal vivo al Marquee. In repertorio ci sono solo cover abbondantemente reinventate grazie ai piaceri dell’improvvisazione e dei crescendo parossistici. Il disco non va da nessuna parte, anche se sui muri di Londra compaiono le scritte “Clapton is God” (in realtà, almeno agli inizi, è Grimes a scriverle per evidenti motivi promozionali).

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Mario Giugni

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