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Traffic: come è nata la rock band di Steve Winwood

Fresco reduce dall’esperienza con lo Spencer Davis Group e da una fugace apparizione nei Powerhouse con Eric Clapton, Stephen (Steve) Winwood fonda i Traffic nel 1967. L’impatto della band è paragonabile a quello dei Cream prima e di Jimi Hendrix e Pink Floyd poi: Winwood e compagni attingono da tradizioni folk e blues, incarnando lo spirito progressivo che proprio in quei mesi sta rivoluzionando la scena musicale inglese.

Steve Winwood è appena un quindicenne quando nell’estate del ’63 dà vita a una formazione di rhythm’n’blues con influenze soul assieme al fratello Muff, a Peter York e a Spencer Davis. Inizialmente, si presentano come Muff Woody Jazz Band, ma la casa discografica Fontana, con la quale stipulano un contratto, consiglia una denominazione più immediatamente memorizzabile: Spencer Davis Group. Il successo arriva nel ’65 con Keep On Running, un pezzo scritto dal giamaicano Jackie Edwards che spalanca loro le porte della notorietà e verrà ripreso e riproposto da molti artisti nelle forme più svariate.

In Italia si ricorda l’efficace versione dei Pooh, che con il testo di Maurizio Vandelli diventa Vieni fuori, mentre la cover dei Ragazzi del Sole ha come titolo Chi può dirmi. Seguono altre versioni: di Evy (L’abito non fa il Beatnick), i Nuraghs, Romano G.T. e Patrick Samson.

La grande popolarità arriva quando il giovanissimo Steve si rivela oltre che eccellente cantante e talentuoso musicista anche grande autore, mettendo la firma su due futuri classici come Gimme Some Lovin’ (molto interessante la versione italiana di Maurizio dei New Dada, T’amo da morire) e I’m A Man, poi ripresa egregiamente dai Chicago sul loro primo ellepì.

I due pezzi sono autentici successi in patria, ma Winwood già avverte l’esigenza di tuffarsi in nuove stimolanti esperienze da gestire in prima persona. Nella primavera del ’67 abbandona al suo destino lo Spencer Davis e fonda i Traffic. Al suo fianco approdano il sassofonista Chris Wood (proveniente dai Locomotive, oscura band di Birmingham che nel 1970 pubblicherà per la Parlophone un interessante album di progressive psichedelico), il chitarrista David Thomas (Dave) Mason e il batterista Nicolas James (Jim) Capaldi (ex Hellions e Deep Feeling).

«Una band che ha avuto il merito di miscelare sapientemente diverse correnti, lasciando un segno importante a cavallo di due decenni musicalmente ricchissimi»

Stipulato un contratto con l’emergente etichetta Island e col consenso del boss Chris Blackwell, la band si stabilisce in una fattoria del Berkshire. La stagione di successo nasce lì, dagli arguti mix tra rock, soul, reminiscenze psichedeliche e devianze folk con due brani che misurano le reali potenzialità del quartetto come Paper Sun (scritta da Capaldi e Winwood) e Hole In My Shoes (di Mason).

L’articolo completo a cura di Franco Brizi è su Vinile n. 16, disponibile qui.

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