Roberto Vecchioni trova il grande successo immedesimandosi nel soldato che non riesce a sfuggire al suo ineluttabile destino. Con il magico violino di Angelo Branduardi e l’insospettabile ombra di Neil Young.
I Crazy Horse, band storica di Neil Young, esordirono nel 1971 con il loro primo album omonimo, al cui interno c’era una canzone scritta dal canadese, “Dance, Dance, Dance”, contraddistinta da un fiddle insistente che produceva una sorta di giga prima di ogni parte cantata (Young avrebbe pubblicato anni dopo la sua versione, con l’armonica al posto del fiddle).
Questa melodia dovette affascinare molto Roberto Vecchioni, che nel 1977, all’indomani dell’ottimo ELISIR, diede alle stampe l’album col quale raggiunse finalmente il grande successo, trainato proprio dal brano che lo intitolava: Samarcanda. Una filastrocca ironica (“Oh-oh, cavallo oh-oh”) che racconta la sventura di un soldato: mentre festeggia la guerra appena finita, nota una donna vestita di nero tra la folla che lo guarda “con malignità”. Scappa lontano, ma non si può sfuggire alla dark lady, che si farà infatti trovare proprio nel luogo ritenuto più sicuro: il paese di Samarcanda.
Per l’occasione, il cantautore milanese non si fa mancare niente: recluta al violino e al flauto Angelo Branduardi (che sta vivendo un momento fortunato con un’altra filastrocca che parla di topini, gatti, cani, bastoni e altro), mentre Tony Esposito percuote cucchiai e pentole. La base ritmica è fornita da due Nuovi Angeli (il tastierista Paki Canzi e il batterista-chitarrista-produttore Mauro Paoluzzi) e dal bassista dei Madrugada Billy Zanelli. Ci sono altre canzoni bellissime, dove Vecchioni parla di sentimenti: ad esempio la toccante Per un vecchio bambino, dedicata al padre, e la rabbiosa Due giornate fiorentine, che scandaglia invece tradimenti coniugali.
L’articolo completo, a cura di Mario Giammetti, è su Vinile n.7, disponibile in digitale qui.
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