Conosciamo Joe Jackson come un eclettico interprete e compositore, un piccolo Steve Wonder bianco, per quanto è ampio lo spettro musicale che ha abbracciato la sua carriera.. Dal pop punk, passando per il raggae degli esordi, al cool jazz opo dell’immortale NIGHT AND DAY fino al jive, alla musica latina, al rock in tutte le sue incarnazioni. Ma anche, quante volte lo abbiamo letto, un carattere scontroso, sarcastico, un nemico giurato dell’ovvio (per giunta, in anni recenti, trasfigurato da alcuni disastrosi lifting facciali). Poi ti capita tra le mani un libro come questo, pubblicato nel 1999 col titolo A Cure for Gravity e incredibilmente tradotto da noi solo adesso, e ti ricordi che, prima di giudicare, bisognerebbe sempre conoscere gli antefatti. Per esempio le origini di Jackson, nato in un’umile famiglia priva di tradizioni musicali e cresciuto nella non facile città portuale di Portsmouth, in mezzo a coetanei prepotenti che non riuscivano a relazionarsi a quello spilungone asmatico e solitario. La sua salvezza sarà il suo immenso talento e il tema del libro, in effetti, è l’amore per la musica, più che una vera e propria autobiografia. Ma la disamina passa attraverso il racconto senza filtri dei primi e complicati anni, fino al debutto professionale.
Questa autobiografia è edita da VoloLibero Edizioni; Gravità Zero è un bel libro dal leggere e noi della redazione di Stonemusic lo consigliamo a tutti i nostri lettori.
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