Tutto quello che non sapevate su Prince

Intervista esclusiva a Bobby Z., musicista, collaboratore e amico di Prince.

Bobby Z. è stato batterista e percussionista dei Revolution, la band con cui Prince suonava, dal 1982 al 1987, quando il cantante di Purple Rain decise di proseguire da solo. La loro amicizia, però, continuò nel tempo ed è proprio a lui che, all’interno di Classic Rock 86, in occasione della recente ristampa deluxe di 1999 (l’album doppio che nel 1982 disvelò a tutto il mondo il talento di Prince), abbiamo fatto qualche domanda su uno dei musicisti più talentuosi di sempre.

Com’era Prince come batterista? Era bravo, secondo te?

Lui usava la batteria come strumento per comporre. In un sacco di queste canzoni, le parti di batteria erano i primi elementi dell’arrangiamento. Poi ci suonava sopra il basso e la chitarra… Ed è così che lavorava quando l’ho incontrato. Era senz’altro un fantastico batterista. Ma era bravo con tutti gli strumenti, e li sapeva suonare nella maniera migliore per servire la canzone che aveva già tutta scritta per filo e per segno nella sua testa. Era davvero unico. Non credo che ci sia mai stato nessun altro così. Ma tutti i grandi geni della musica classica, come Mozart, componevano nella loro testa! Poi la mettevano su carta, ma prima la sentivano in testa. Anche Prince era così.

Voi ve lo aspettavate che sciogliesse la band così presto, nel 1987? O fu un epilogo inatteso?

Le band hanno un inizio, un periodo di mezzo e una fine. Prince era un artista solista – e questo io lo sapevo fin dall’inizio – e ha finito la carriera come artista solista. Non fu tanto una sorpresa quando lui ci mollò. Stavano succedendo un sacco di cose: lui stava cambiando, la sua musica,  idem per me, fu la fine di un lunghissimo viaggio durato quasi 11 anni, da quando l’avevo incontrato la prima volta fino a PARADE. Ma poi io e lui siamo rimasti amici fino alla fine. Io sono molto orgoglioso del periodo nei Revolution. È stato un periodo incredibile.

In questa edizione deluxe di 1999 ci sono tantissimi inediti dal “Vault” di Prince. Pensi che la scelta di scaletta finale di 1999 fu corretta o magari avrebbe potuto inserire qualche altro pezzo più efficace?

Ha scelto quelli più adatti per il concept dell’album che stava facendo. Suppongo che per quanto riguarda gli inediti abbia pensato: “È troppo avanti, non lo capirebbero”, o “È meglio che me lo tenga da parte per un altro album”. Sapeva quello che stava facendo. Vedi, io l’ho incontrato per la prima volta nel 1977 e già a quell’epoca componeva una canzone al giorno. Dopodiché, l’ho conosciuto per 43 anni e in totale avrà realizzato più di 2000 canzoni. Se saltava un giorno, saltava una canzone. O anche due. 

L’intervista completa la trovi all’interno di Classic Rock 86, in edicola o in digitale.

 

Francesco Donadio

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