Ha quasi 64 anni, ma il bassista degli Iron Maiden, Steve Harris, ha ancora la voglia e l’energia dei vecchi tempi. Nonostante i suoi tanti impegni con gli Iron Maiden avranno sempre la priorità, da tempo non sono poche le soddisfazioni avute con i British Lion, il suo side project. Lo abbiamo intervistato.
Nei British Lion c’è qualcuno che ha le palle di contraddirti, di dirti che magari un tuo brano non va bene?
Con questo gruppo non funziona così: sono loro la forza dietro le canzoni, fin dal principio. Sono loro che arrivano con gli spunti, ed è da lì che partiamo. Se mi viene in mente una canzone, prima la propongo ai Maiden, perché hanno la precedenza. E se qualcuno di noi è coinvolto in progetti extra-Maiden, non mischiamo mai le due cose. È una regola che ci siamo dati da sempre.
Al Download 2020 sarai presente con due set, British Lion e Iron Maiden. Perché?
Potevo starmene a girarmi i pollici, ma preferivo giocare a calcio, o suonare con i British Lion. O magari entrambe le cose. Non mi annoio mai. C’è sempre qualcosa da fare. Mia moglie dice che ogni tanto dovrei dire di no alle proposte che mi arrivano. E probabilmente ha ragione.
I British Lion hanno suonato in qualche festival, posizionati più o meno a metà tabellone. Molti musicisti del tuo calibro non l’avrebbero accettato.
Non capisco perché. Non ci vedo nessun problema.
Da ragazzo hai studiato da disegnatore tecnico. Se avessi continuato, oggi ti mancherebbero un paio di anni per la pensione.
Idem per il calcio. Se avessi continuato, probabilmente sarei in pensione da parecchio. Ho scelto la cosa migliore. Una carriera molto lunga.
L’idea della pensione ti sembra triste?
Non del tutto, ma forse è sopravvalutata. Molti sembrano non vedere l’ora di arrivarci, ma poi dopo poco crollano, o perché si annoiano o perché il fisico li abbandona.
E allora, quando toccherà a Steve Harris?
Credo che dovrà farmelo capire qualcun altro. Probabilmente toccherà a mia moglie.
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