I Dinosauri della musica, quelli che (come aveva anticipato nel 1974 Robert Fripp dei King Crimson), erano i supergruppi rock “con decine di tecnici, tonnellate di materiale, milioni di dollari d’investimenti” stavano per essere presi a calci e sostituiti da nuove “unità mobili, indipendenti e intelligenti”. Non che Fripp non facesse parte dei Dinosauri a sua volta: i King Crimson, geni del prog, sarebbero stati condannati insieme agli altri a finire nell’affilata bocca del punk.
Certo, il punk non aveva davvero la forza di distruggere ciò che voleva fare a pezzi: come tanti movimenti di transizione e rinnovamento della musica, anche questo movimento doveva accadere per scuotere le menti.
Per risvegliare le coscienze, i punkers rivoluzionarono tutto quello che gli capitava a tiro, dallo stile disturbante delle creste alla moicana alla presenza di molte donne nelle band (pensiamo a Raincoats, Runaways, Debbie Harry). Ripresesi dallo shock iniziale, le etichette più importanti della scena musicale agiscono velocissime, rendendo anche il punk mainstream e offrendo contratti da milioni di dollari alle nuove band.
In questo quadro che ospitò innumerevoli gruppi, i Sex Pistols hanno un posto d’onore. Con NEVER MIND THE BOLLOCKS, la band fotografò istantaneamente la propria epoca, come avevano fatto i più grandi negli anni passati. Prima dell’album vengono pubblicati quattro singoli: Anarchy in The U.K., God Save the Queen, Pretty Vacant, Holidays in the Sun.
Anarchy in the U.K. fu il primo singolo velenoso, pericoloso e freschissimo a far saltare la coerenza con la generazione precedente. Il colpo ben assestato è da attribuire a ogni membro della band, anche se Rotten si distingueva dagli altri per la genuinità con cui colpiva il suo pubblico. E anche se per digerire il punk ci volle un po’, i Sex Pistols avevano scavato una breccia, rapida e profonda, nella storia della musica.
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