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Da dove viene il nome dei Blue Öyster Cult?

Negli anni Settanta una band dalle sfumature fantascientifiche fu tra le prime a conquistarsi l'appellativo di "band heavy metal", anche se i generi esplorati sarebbero stati molti e diversi.

Il Culto dell'Ostrica Blu è già un'espressione che in sé contiene una forte carica mistica, mitologica, esoterica e fantascientifica che ben si addice ai suoi componenti. Li conosciamo con la storica formazione composta da Eric Bloom alla voce, Donald "Buck Dharma" Roeser alla chitarra solista, Allen Lanier alle tastiere, Joe Bouchard al basso e Albert Bouchard come batterista. Insomma, un quintetto che negli anni Settanta catalizzò la potenza dell'hard rock, accompagnata a una brillante scrittura e composizione.

In uno Stato ancora avvolto dall'ebbrezza del flower power, i Blue Öyster Cult scrissero la loro personale rivoluzione. E si affermarono in maniera peculiare. Adottarono infatti la dieresi sul nome e coniarono un logo distintivo, composto da croce e gancio in riferimento al binomio divino greco-latino di Crono e Saturno. Tale immaginario, però, fu presto riconverito in chiave pseudopolitica, con un richiamo all'ideologia nazista, e di questo Bloom ebbe da arrabbiarsi non poche volte.

Ma la svolta di un gruppo così originale e unico fu data dal produttore Sandy Pearlman, anche giornalista e scrittore di fantascienza. 

Più avanti avrebbe rappresentato i Black Sabbath e, già all'inizio degli anni Settanta, voleva creare nei Blue Öyster Cult il contraltare americano della mistica band inglese.

Inizialmente, pensò per loro il nome Soft White Underbelly, un termine utilizzato da Winston Churchill per descrivere l'Italia postbellica, ma in seguito fu affascinato dalla componente spaziale e futurista che poteva offrire la band. Così immaginò i cinque musicisti nelle vesti di alieni pronti a raffinare qualitativamente l'estetica rock, lontano dagli eccessi e dalle stravaganze di quel periodo. Il nome della band è infatti una citazione da un poema scritto dallo stesso Pearlman, dove una massa di alieni si prepara a colonizzare la terra.  

La band si presentò al pubblico con il primo album BLUE ÖYSTER CULT del 1972: un prodotto fuori dagli schemi, ispirato allo stile dei Cream e dei Led Zeppelin e che venne introdotto da Pearlman con un volantino senza foto. Su questo c'era solo una scritta che parlava da sé: le loro canzoni sono distillazione fantastica della realtà

Il critico Lester Bangs, nella recensione di un concerto del 1971, fu tra i primi a utilizzare l'espressione "heavy metal" per descrivere proprio il sound dei Blue Öyster Cult.

Questo heavy metal tuttavia, se così si può definire, non era un prodotto aggressivo, pervasivo, oceanico ed estremo, ma una perla nobile del rock, in grado di toccare una dimensione originaria, surreale e a tratti psichedelica.

Francesca Brioschi

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