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La storia dei Trees tra folk e psichedelia

Uno dei giardini più rigogliosi all’alba degli anni 70 era quello degli inglesi Trees. Due album (1970 e 1971) e poi lo scioglimento. Ecco la loro storia:

Tra i numerosi gruppi e musicisti della luminosa stagione del folk rock, più o meno tra il 1968 e il 1973, i Trees rivestono un ruolo particolare, lontani dal successo eppure autori di una miscela originale e significativa, con quel loro folk psichedelico, tra la California e le campagne inglesi.

Il gruppo nasce nella primavera del 1969 con Bias Boshell, principale autore, bassista e tastierista, Barry Clarke, chitarra solista, David Costa, chitarra acustica e ritmica, Unwin Brown, batterista, e Celia Humphris, cantante: un altro gruppo che andrà ad arricchire il folto immaginario inglese, la nuova Arcadia, un paesaggio preindustriale, popolato da esseri fantastici e ricco di melodie e suoni naturali, con le foreste incontaminate e i bardi che narrano leggende d’altri tempi.

L’esperimento Trees coniuga gli ultimi lasciti della rivoluzione pop di entrambe le sponde dell’oceano con il susseguente ripiegamento in ambito “fantasy”, di un immaginario lontano dalla contemporaneità e situato in un passato fiabesco. Da questo punto di vista non avremmo difficoltà a leggere come una tendenza comune e omogenea l’Arcadia folk con le copertine di Roger Dean, così come le atmosfere barocche dei Gentle Giant o la pastoralità di certi Genesis.

Tuttavia nei Trees è possibile rintracciare consistenti elementi di contaminazione, che cambiano di segno le atmosfere e le musiche del repertorio tradizionale arrangiato. Elementi potremmo dire progressivi, che di fatto rimandano spesso alla musica psichedelica, alle lunghe improvvisazioni e ad atmosfere dilatate.

THE GARDEN OF JANE DELAWNEY, esordio su CBS, è registrato all’inizio del 1970 e pubblicato il 24 aprile dello stesso anno. La produzione è di David Howells e di Terry Cox (Caravan, Yes, Family e tanti altri) mentre la copertina è opera di David Costa, uno stupendo disegno in stile Magritte.

Metà del repertorio è tradizionale, ovviamente diversificato con il DNA della band, mentre il resto è di Boshell, tranne il primo brano di tutto il gruppo.

L’album è caratterizzato da un alternarsi tra acustico ed elettrico, un aspetto comune ad altre opere di folk rock. Spesso l’elemento elettrico, sporco, aggressivo, è riservato a intermezzi che spezzano le composizioni e introducono, per l’appunto, altri territori, dove la chitarra è protagonista.

Alcune volte questa operazione sembra un po’ meccanica, frutto di giustapposizioni, nondimeno il risultato è pregevole e affascinante.

Nothing Special, brano di apertura firmato da tutti i Trees, mostra già gli inequivocabili segni di una musica a cavallo tra folk e psichedelia. Ma più di tutte, merita la title-track, piccolo gioiello acustico, impreziosito dal dulcimer e dall’atmosfera cupa e triste, come il giardino di Miss Delawney colmo di sogni gotici e selvagge fantasie.

L'articolo completo, firmato Alberto Popolla, è disponibile sul nuovo numero di Prog, in edicola e sul nostro store!
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Tags: FolkTrees

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