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Patti Smith e Robert Mapplethorpe: come nacque HORSES

Un bellissimo album porta con sé una genesi altrettanto poetica: quella che legò la sacerdotessa del punk a un brillante fotografo. Conosciamo il debutto di Patti Smith!

Era il 13 dicembre 1975 quando l'Artista Records lanciò l'album di debutto di una giovane cantautrice di Chicago, Patti Smith. Presto il suo nome sarebbe diventato un simbolo della controcultura della Grande Mela, quella città pregna di sogni e speranze in cui tutti i giovani, figli del Sessantotto, si riversavano. In particolare, il cuore della bohéme newyorkese era Greenwich Village, uno scrigno dinamico di artisti, poeti e musicisti.

Così quando Patti, già madre a soli 19 anni, approdò in città, vi trovò uno stimolante labirinto creativo da esplorare. E al centro di quel ginepraio di istinti artistici l'aspettava lui, Robert Mapplethorpe. Un giovane fotografo gentile, scappato come Patti dalla provincia, che condivise con lei l'amore per l'arte, per la letteratura e la iniziò alle droghe psichedeliche.

Tutto questo nel 1967, quando Patti non era ancora una leonessa da palcoscenico, ma una ragazza dai grandi occhi ammaliati dalle luci della città, divoratrice famelica di Arthur Rimbaud, Jack Kerouac e Allen Ginsberg. Da un lato, quindi, il poeta maledetto per eccellenza, tanto amato da Jim Morrison, dall'altro le voci contemporanee della cultura beat. Uniamoci poi l'ammirazione per il menestrello Bob Dylan e per gli indiavolati Rolling Stones, e il risultato è un'artista intraprendente che ha tutte le carte in regola per sfondare.

Così lei e Robert, uniti in uno spaesamento creativo, trovarono dimora in un appartamento del Chelsea Hotel. E non poteva essere altrimenti, per un luogo che aveva ospitato i più iconici artisti contemporanei e dove Andy Warhol aveva girato Chelsea Girls

Patti e Robert erano amici, confidenti, amanti, in una dimensione di libera sessualità e amore in cui non c'erano etichette. Così Robert amava guardare e studiare il corpo di Patti, come quello dei molti uomini che aveva scoperto da giovane sfogliando riviste omoerotiche. Il suo era un inno alla poesia delle forme umane, tanto che iniziò a scattare le sue prime fotografie a Patti all'inizio degli anni Settanta. Con il tocco delicato ed elegante del bianco e nero, Robert sapeva ritrarre nei suoi scatti una fluidità e rilassatezza di forme in una dimensione androgina.

Così accadde per la copertina di HORSES, l'esordio di Patti firmato dalla produzione di John Cale dei Velvet Underground. Qui l'artista brilla in un completo maschile che richiama le pose di Frank Sinatra

Così Patti e Robert avevano condiviso il momento fondativo di un'opera discografica. Quella quotidianità fatta di piccoli frammenti di congiunzione artistica e personale, votati alla ricerca della libertà espressiva. Perché è questo il tema fondante dell'album, incanalato nell'immagine spensierata dei cavalli che corrono liberi.

E non poteva chiamarsi altrimenti un prodotto che accompagna la raffinatezza compositiva e vocale a quelle chitarre ruvide e distorte, fregi eleganti di una rivoluzione che nacque da un'amicizia molto intima. Tanto che Robert tornerà a fotografare Patti per la copertina di WAVES (1979), prima di spegnersi, dieci anni dopo, sotto la morsa dell'AIDS. 

Francesca Brioschi

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