Non c'è nessuna legge che vieta a una band di dotarsi di una formazione diversa dall'impostazione canonica rock, che comprende voci, chitarra, basso e batteria. Così i Doors scrissero la storia con un quartetto dove le linee di basso erano coperte dal tastierista Ray Manzarek. Il motivo? Per prima cosa dotarsi di uno spazio sonoro più ampio e per seconda definire un sound originale, diverso dalla dimensione musicale di fine anni Sessanta. Per questo i Doors definirono un passaggio estetico e compositivo importante, dove però il tocco del bassista comparve, anche se in maniera silenziosa.
Tutto incominciò prima dell'istituzione fondativa della band, quando il gruppo si chiamava Rick & The Ravens e comprendeva sei membri, tra cui due fratelli di Manzarek. Celebre è l'incontro di quest'ultimo con Jim Morrison, a Venice Beach, nell'estate del 1965 e, poco dopo, a settembre, la prima formazione contava anche un bassista.
Il suo nome è Pat Sullivan e sarebbe rimasto eternamente nel gruppo se una scelta musicale non lo avesse allontanato. Nell'ottobre 1965, infatti, i Doors assunsero il loro nome leggendario e l'egida del basso passò a Ray con il suo Fender Rhodes. Tuttavia Sullivan registrò le versioni embrionali di alcune celebri canzoni, tra cui Hello, I Love You.
Il primo album in studio del gruppo vanta invece una scelta d'eccezione da parte del produttore Paul Rotchild. Si tratta del bassista e pianista Larry Knechtel, ricordato come colui che lanciò la figura del bassista fantasma. Infatti, nonostante il musicista accompagnò il sound degli 11 brani in scaletta, tra cui Light My Fire e Back Door Man, i suoi crediti non comparvero sul disco.
Si dice perché Knechtel avesse riprodotto alla perfezione le linee di basso ricreabili da Manzarek. Alla fine quindi si optò per la scelta del tastierista, anche se non possiamo dimenticare il contributo di Knechtel, che lavorò anche con Simon & Garfunkel, The Beach Boys, Neil Diamond, Elvis Presley e The Mamas and The Papas.
Per la seconda produzione Doors, Rotchild optò invece per un musicista già impegnato con un'altra band. Stiamo parlando di Doug Lubahn, che militava con i Clear Light, un gruppo, come i Doors, sotto contratto con l'Elektra. Il passaggio temporaneo fu quindi semplice e immediato, tanto che Lubahn viene ricordato come "il quinto Doors".
In seguito, per ricordare quella magica esperienza, ha anche scritto un'autobiografia a riguardo: My Days With The Doors. Tuttavia, nonostante Rotchild gli propose di entrare definitivamente nella band, Lubahn preferì restare con i Clear Light. Il resto è storia. Tuttavia Lubahn non abbandonò i Doors e il suo apporto al basso fu essenziale anche sui due album successivi.
Il contesto del terzo album fu invece più sfaccettato. Oltre alla presenza consolidata di Lubahn, che lavorò in parte su tutti i brani dell'album, per altre canzoni fu necessario un tocco diverso. Così su The Unknown Soldier suonò il bassista dei Kingsmen e poi dei Rhinoceros, Kerry Magness, mentre sull'idilliaca ed evocativa Spanish Caravan lo scettro passò al rodato musicista jazz Leroy Vinnegar. Il prodotto finale assunse quindi un'inteleaiatura più fusion, accompagnata da un'immancabile sapore jazz.
Un ritorno alle radici blues affiorò sul finire del decennio. Così i Doors avevano ancora bisogno di Lubahn che però, per THE SOFT PARADE, diede un contributo più velato, limitato a un terzo del disco. Fu invece predominante il ruolo di Harvey Brooks, un grande bassista, come lo definì John Densmore. Non a caso il musicista aveva già collaborato con un altro immancabile poeta del rock, Bob Dylan. Tuttavia la sua collaborazione non incontrò una seconda volta.
L'inizio dell'anno nuovo valse ai Doors un'iconica copertina e il rimando ad atmosfere hard rock e blues nel compendio di MORRISON HOTEL. Ecco quindi che entrano in scena il bassista di Joe Cocker, Ray Neopolitan e un'altra grande firma, quella di Lonnie Mack. Quest'ultimo, fedele collega di Steve Ray Vaughan, diede una svolta su Roadhouse Blues e Maggie M'Gill, lungo una strada travagliata, che stava lentamente portando alla dissoluzione del gruppo e all'esito fatale del Re Lucertola.
Arriviamo dunque al disco più turbolento dell'intera discografia Doors. Quello sfregiato dall'assenza di Morrison e dall'aura evocativa della sua morte, datata 3 luglio 1971. Così, in questa surreale e altalenante condizione prende le redini il nuovo produttore, Bruce Botnick, che ingaggia Jeff Scheck. Anche questa volta il bassista ha alle spalle collaborazioni di rilievo nel rock, tra cui Elvis Costello, Bob Dylan e Roy Orbison e riesce a plasmare la quieta e sinuosa ondulazione di Riders On The Storm.
Tuttavia vive anche il dramma del lento incedere della fine, tracciata dall'abbandono del suo leader. Ma non perde il suo legame con la band, tanto da collaborare anche con i supersiti dell'era Doors sui due ultimi album prima della chiusura dei battenti: OTHER VOICES e AN AMERICAN PRAYER. Traccia così l'ultima impronta sull'epopea dei bassisti fantasmi dei Doors, apparentemente invisibili, ma dalla firma eternamente impressa sui brani più iconici.
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