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Pink Floyd, Asimov e Alan Parsons: il mix perfetto per l’album più Sci-fi di sempre

L'estatico viaggio sulla Luna dei Pink Floyd nasconde un percorso esistenziale più profondo, drammaticamente umano e sapiente erede musicale della letteratura fantascientifica. Scopriamo quali influenze hanno forgiato il capolavoro. 

Come uno spettro veglierò su di voi, dalla faccia oscura della luna dei Pink FloydCosì Caparezza chiude la penultima strofa della sua Cover (2014), brano che non può mancare di includere, nel suo iconico elenco di capolavori discografici, anche THE DARK SIDE OF THE MOON. La perla dei Pink Floyd venne pubblicata l'1 marzo 1973 e sin dal titolo e dalla copertina di Storm Thorgerson traspare un'evocazione fantascientifica. Il celebre prisma attraversato dal fascio di luce bianca rifratta nelle sue componenti elementari richiama l'esperimento di Isaac Newton del 1676

E quello spazio etereo e oscuro in cui si plasmano le melodie dei Pink Floyd ci guida in una immersione fantascientifica. La protagonista è quella luna evocata nel titolo, a cui lo scrittore sci-fi per eccellenza, Isaac Asimov, dedicò un racconto nel 1939, Pendolarità. A quell'epoca sembrava impossibile penetrare lo spazio con un razzo diretto sul satellite terrestre. Poi arrivò il 20 luglio 1969 e quell'ipotesi di una rievocazione fittizia dell'allunaggio ad opera di Stanley Kubrick, che un anno prima aveva dato alla luce 2001: Odissea Nello Spazio

Così lo spazio cominciò ad affascinare ancor di più gli interpreti artistici. Tra questi Alan Parsons, inconfondibile e avanguardista ingegnere del suono di THE DARK SIDE OF THE MOON. La sua inventiva si affaccia ancora una volta agli albori letterari di Asimov, da cui il polistrumentista e compositore trova ispirazione per il suo album I, ROBOT, secondo prodotto discografico dei The Alan Parson Project. Siamo nel 1977 e Parson, con il suo gruppo fondato nel 1975, denota il connubio di progressive rock ed elettronica sul tema dell'intelligenza artificiale. 

E la descrizione di un'umanità alienata dalla tecnologia diventa una narrativa simbolica di uomo, tempo e spazio. Quella che accompagna il capolavoro dei Pink Floyd, in cui la luna offre il pretesto per una considerazione più profonda e intimista. Protagonisti sono infatti la morte, l'isolamento e la deumanizzazione, che divampano progressivamente in un'elegia ipnotica dove la presenza umana affiora nelle sue componenti più variabili, come Clarre Torry in The Great Gig In The SkyE in questo contesto alienante e poetico non può che tornare alla memoria Syd Barrett, ispirazione eterna della band. 

Così uniamo considerazioni letterarie sperimentali alla perizia tecnica e tecnologica dell'apprendista stregone Parsons e il risultato è una proiezione di eccellenza sopraffina. Un album ancora oggi al vertice delle vendite e rimasto brillantemente in vetta per centinaia di settimane di fila nel 1973. Questo dimostra la sua inedita contemporaneità, nell'offrire un ritratto distopico e futurista che oggi non può che prescindere da una forte immedesimazione. 

Francesca Brioschi

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Francesca Brioschi
Tags: pink floyd

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