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Uriah Heep: “Evocammo i morti, ma fu l’ultima volta”

Nel lontano 1972 strane presenze occulte avvolsero un'insolita giornata italiana della band britannica degli Uriah Heep. Un episodio recentemente ricordato dal chitarrista Mick Box, che ne trasse anche ispirazione per il capolavoro DEMONS & WIZARDS.

Sul finire degli anni Sessanta, la triade occultismo, droga & rock 'n roll era un dettame della controcultura giovanile. Già i Beatles avevano creato ipnotici riferimenti all'occultismo, velati anche da Rolling Stones e Led Zeppelin, fino ai principi dell'oscurità con i Black Sabbath. E anche gruppi come i Black Widow e i Magia Nera, in Italia, facevano della letteratura e della pittura gortica un'ombrosa chiave di lettura. 

E proprio a un personaggio oscuro, insolito e straniante si ispirano i britannici Uriah Heep per il loro nome. Si tratta di uno dei protagonisti del celebre romanzo David Copperfield di Charles Dickens. Ma torniamo al loro album WIZARD & DEMONS, che nel 1972 si mantenne tra i primi venti titoli delle classifiche europee. Un vero gioiello tra hard rock e toni epici del progressive, con un sapore power fantasy, come lascia trasparire la copertina di Roger Dean.

E proprio dietro una delle canzoni più celebri del disco, Circle Of Handssi nasconde una storia molto particolare. Come ha infatti recentemente raccontato Mick Box, iconico chitarrista del gruppo, a «Classic Rock», l'ispirazione per parte dell'album nacque in Italia, durante una strana e improvvisata seduta spiritica

Secondo il musicista, il gruppo sarebbe stato coinvolto in questo esperimento esoterico da alcune ragazze italiane. Un'esperienza insolita e divertente, che però presto divenne disagiante e poco dopo spaventosa. Tuttavia Box non ha approfondito la questione, soffermandosi a dire che quella sarebbe stata la prima e ultima volta che avrebbero invocato gli spiriti dei morti. Lo spunto servì però per tratteggiare l'origine della loro canzone, in cui vengono citati spiriti freddi, un cielo pieno di occhi, tombe, malefici e sacrifici. Insomma gli ingredienti perfetti per un ritratto da parapsicologia. E poi il titolo del brano ricorda l'immancabile cerchio di mani attorno alla Tavola Oujia. 

Non una bella fiaba della buonanotte, ma una cornice intrigante per uno degli album più belli della band, costellato da 16 brani - al posto degli 8 dei precedenti - dove spicca la celeberrima Easy Livin'. Anche se The Wizard e Traveller In Time sono altrettanto magiche, lungo la voce acuta ed eclettica di David Byron.  Per non contare poi la già citata Circle Of Hands, guidata dall'Organo Hammond, di cui gli Uriah Hepp furono tra i primi introduttori. E quel velo narrativo che sposa l'occultismo e la realtà fantasy non è estraneo alla band, che fu connotata proprio in questo modo al suo debutto. 

Se pensiamo infatti al primo loro singolo pubblicato, Gypsy (1969) non possiamo che ricordare la controversa e graffiante copertina. Trattasi di una foto di Robert Nicol, raffigurante un volto umano trasfigurato in una maschera mortuaria. Ed è stato ancora Box a rivelare che lo sfortunato soggetto fu Byron, cosparso di colla e di ragnatele artificiali usate per il trucco cinematografico. Così quell'atmosfera ecelttica, figlia di sonorità oscuro-psichedeliche, accompagna il gruppo sin dai suoi esordi. Ma sicuramente il mondo spiritico non è l'immaginario a cui puntano gli Uriah Heep, detentori di un sound avanguardista. 

Francesca Brioschi

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Francesca Brioschi
Tags: uriah heep

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