Simon e Phil Collins, un DNA da batteristi: “Ma ecco perché siamo diversi”

Quando Simon nasceva, il 14 settembre 1976, suo padre era impegnato nel tour promozionale di A TRICK OF THE TAIL dei Genesis. Suo padre è Phil Collins e lui è Simon Collins, figlio d’arte con il drumming nel DNA, che ha pubblicato il quarto album da solista, BECOMING HUMAN, il 4 settembre 2020.

Intervista di Carmine Aymone

Come nasce BECOMING HUMAN?

L’ispirazione attinge a piene mani dalle mie radici musicali, culturali e di vita. È un album molto personale, che pone domande e suggerisce grandi idee su chi siamo veramente in questo cosmo e quale sia il significato di tutto ciò. Canto della mia vita e di noi tutti, intesi come razza umana. Le mie influenze mi guidano ma non mi definiscono da un punto di vista sonoro. Mi piace fondere diversi stili musicali riuniti in uno solo. Non mi piace etichettare la mia musica, che cerco di rendere sempre dinamica e in movimento.

Può essere considerato un concept album?

Sì, alla base c’è l’esplorazione dello spazio interiore, che definisce il nostro spazio esterno e il potere spirituale superiore dentro di noi. È un album spirituale, emotivo ed esistenziale inteso su larga scala. Sono orgoglioso delle composizioni che mi rappresentano, che riflettono l’uomo e il musicista che sono diventato. Canzoni profondamente personali ma che riguardano tematiche comuni a molti di noi.

Simon Collins, foto di Norman McCloskey

Tuo padre ha ascoltato in anteprima il disco? Ti ha dato qualche consiglio?

Certo, apprezza il mio percorso artistico e mi ha dato suggerimenti sparsi, come è giusto e naturale che sia. Alla fine siamo due persone diverse e con differenti influenze da cui attingere. È felice quando mi vede felice... ciò rende “grande” un genitore e lui lo è!

In Pride, contenuto in ALL OF WHO YOU ARE, Phil appare ai cori, accreditato come Pops...

Essendo il mio primo lavoro non volevo che la gente pensasse che usassi la storia di mio padre per iniziare un percorso musicale e artistico.

Quali sono le tre canzoni che preferisci dei Genesis?

Il primo brano che mi viene in mente è Supper’s Ready, una splendida suite moderna in sette atti che chiude FOXTROT del 1972. Poi mi piace molto Mamada GENESIS del 1983 e Dance On A Volcano da A TRICK OF THE TAIL, forse perché vide la luce nel mio stesso anno di nascita, il cui testo è ispirato da Carlos Castaneda, scrittore peruviano naturalizzato statunitense.

E i tre dischi che più ami nella storia del progressive e del rock?

In ambito progressive, SECONDS OUT (1977) dei Genesis, FEAR OF A BLANK PLANET (2007) dei Porcupine Tree e THE DARK SIDE OF THE MOON (1973) dei Pink Floyd. Per il rock invece scelgo NEVERMIND (1991) dei Nirvana, che diede una forte scossa all’intero pianeta rock, LEFTISM (1995) del duo inglese Letfield e GODS & MONSTERS (2008) dei Juno Reactor.

Con quale musicista vorresti collaborare?

Mi piacerebbe lavorare con Ben Watkins dei Juno Reactor, straordinario one man band, il cui modo di concepire l’arte e la musica, sia da un punto di vista musicale che filosofico e concettuale, è molto simile al mio. Lui è capace di fondere, mantenendoli in perfetto equilibrio tra loro, elementi di musica elettronica, di musica sinfonica, di musica etnica con il rock inteso nel senso più ampio del termine.

Simon Collins

In cosa si discosta il tuo modo di suonare la batteria da quello di Phil?

Il mio drumming ha influenze post-punk che danno al mio approccio sullo strumento un tocco più duro. Suono in maniera più primordiale e per certi versi metal.

Quali sono stati i tuoi batteristi di riferimento, naturalmente oltre a Phil?

Chester Thompson, che ho guardato con attenzione per anni sul palco e in studio con i Genesis, provando ad assimilare tante sue cose. Poi ce ne sono diversi: Keith Moon (The Who), John Bonham (Led Zeppelin), Stewart Copeland (Police), Gavin Harrison (Porcupine Tree, King Crimson, Pineapple Thief), Dave Grohl (Nirvana, Foo Fighters), Manu Katche (Sting, Peter Gabriel), Vinnie Colaiuta, Will Calhoun (Living Color). Sono tutti grandi tecnici, ma non schiavi della tecnica.

Questo articolo è estratto dal numero 33 di Prog. Lo hai perso? Puoi recuperarlo in versione cartacea o digitale, cliccando qui.

Carmine Aymone

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Carmine Aymone

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