Testo: Fabio Cormio
Sì perché la ragazza nata a Treviglio nel 1987 ha una personalità ricca di chiaroscuri, un bel bagaglio musicale e un notevole talento vocale. AmbraMarie emerge nel 2009, alla seconda edizione di X Factor: non vince, ma il suo volto e la sua voce restano impressi e, al di là di velleità mainstream mai inseguite, la cantante lombarda comincia ad avere un suo seguito.
Oggi vive a Brescia e da anni frequenta un giro di artisti (a partire dal grande amico Omar Pedrini), mentre il suo progetto artistico, che condivide con il partner musicale Raffaele D’Abrusco, si chiama John Qualcosa: nel 2020 è uscito il loro album SOPRAVVIVERE AGLI AMANTI. Dopo alcune esperienze televisive, AmbraMarie è approdata a Radiofreccia, dove nel fine settimana conduce Electric Ladyland, uno dei programmi più amati e seguiti dell’emittente del gruppo RTL102.5.
Creare e interpretare musica, ma anche presentare e divulgare quella degli altri. Insomma, il palco e la radio: quale lato della barricata preferisci?
Preferisco il lato del palco e non potrebbe essere che così, semplicemente perché sono una cantante ed è facendo musica che riesco a esprimermi pienamente. I miei genitori poi mi hanno sempre sostenuto, ma con intelligenza non mi hanno mai messo addosso alcun tipo di pressione. Detto questo, ci tengo a sottolineare che la radio per me è qualcosa di bellissimo e importante: gli esordi al microfono, dopo le esperienze di Rock TV e Deejay TV, sono stati in una radio locale (Radio Croda), su spinta di Raffaele.
Quali sono i tuoi riferimenti strettamente musicali?
In questo sento di scindermi su mondi differenti: da una parte c’è il mondo tipicamente hippie e Seventies, quindi Doors, Jefferson Airplane, CSNY; dall’altra gli artisti più malinconici e introspettivi, in primis i Radiohead, una band che si è sempre messa in gioco e che è caratterizzata da un’intelligenza musical unica. Poi adoro i cantautori come Nick Drake, Tim Buckley, Damien Rice e la world music, sia la vecchia scuola, tipo Paul Simon, sia artisti più attuali, come i Beirut.
SOPRAVVIVERE AGLI AMANTI, uscito l’anno scorso, è un disco particolare. È rock, è indie, è scuro, ha anche sonorità etniche. Insomma, difficile da etichettare.
Io direi che è un disco malinconico e cinematografico, nel senso che racchiude molti riferimenti al cinema, a partire dal titolo che si ispira a Only Lovers Left Alive di Jim Jarmusch. Ma lo definirei anche dark-folk.
Dove ti vedi tra dieci anni?
Mi piacerebbe avere un pubblico affezionato, ripercorrendo in qualche modo la strada di artisti che, senza essere mainstream, sono apprezzati. Artisti che io amo moltissimo. Faccio tre nomi: Verdena, Niccolò Fabi e Iosonouncane. Hanno un pubblico fedele, magari non riempiono un palazzetto ma un teatro sì... e quella sala è colma di gente che li ascolta in silenzio e li ama davvero. Questa è la dimensione a cui ambisco con i miei John Qualcosa.
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