Come la copertina di SO definì l’immagine di Peter Gabriel

Solo due lettere a coronare il quinto album dell'ex frontman dei Genesis, trasformista sul palcoscenico quanto timido nella vita privata, tanto da ricorrere a copertine concettuali. Ma il 1986 cambia le carte in tavola, con una cover d'eccezione.

Nel 1986 non ci furono molti album rock a riportare in copertina il ritratto fotografico del proprio musicista. Il glam rock dettò l'eccezione, con il debutto dei Poison, pesantemente truccati sulla cover di LOOK WHAT THE CAT DRAGGED IN e con gli Europe, dalle teste fluttuanti nell'orbita spaziale di THE FINAL COUNTDOWN. D'altro canto, i Metallica di MASTER OF PUPPETS puntarono su una copertina concettuale, seguendo il filo rosso dell'evocazione allegorica. Per questo il quinto album di Peter Gabriel, che spezzava l'omonimia dei primi quattro con il titolo SO, rappresentò una svolta importante. Non solo per l'estetica dell'artwork, quanto per l'immagine pubblica del musicista, dal quel momento identificato con la fotografia scattata da Trevor Key

Ma la spinta iniziale la diede Brett Wickens, assistente e partner creativo del graphic designer Peter Saville. Quest'ultimo non conosceva bene Gabriel nel 1986, ma Wickens era un peculiare ammiratore, tanto da insistere per creare la copertina dell'album originariamente intitolato GOOD. Tuttavia, il primo progetto sviluppato da Wickens e il manager di Gabriel, Gail Coulson, non piaceva per niente a Saville, che si inserì in prima persona sull'ideazione della cover, accompagnato da Key, suo grande amico e fotografo. La prima volta che Saville si rapportò con Gabriel fu a Bath, nel Sommerset, dove Gabriel viveva nella sua fattoria. L'incontro si mostrò proficuo, con una grande disponibilità del cantante al ridimensionamento della copertina. Soprattutto perché il titolo dell'album era cambiato. 

Durante la nostra conversazione Peter aveva detto che l'album avrebbe potuto chiamarsi "So", invece di "Good", e mentre ce ne stavamo andando ha dato a Brett una cassetta e ha detto: "Penso che sia finito".

Come testimoniano le parole di Saville, l'album aveva davvero preso una sua forma vincente. Lui e Wickens, di ritorno in macchina da Bath, ascoltarono la cassetta e fu la trainante Sledgehammer a far capire loro che quell'album sarebbe stato un successo. Contornato poi dall'apripista Red Rain e dalla commovente Don't Give Upin duetto con Kate Bush, l'album si prediceva trionfante, tanto da accrescere le aspettative su quella che sarebbe stata la copertina. Come ha dichiarato lo stesso Saville:

Abbiamo dovuto dargli un volto. Ovviamente la naturale inclinazione di Peter era verso la timidezza e il non mostrarsi. Ma questo non avrebbe funzionato perché era il 1986, sai. Avevamo circa due settimane per consegnare la copertina.

Il designer aveva già lavorato con i New Order, anch'essi non propensi alla ritrattistica su LOW-LIFE (1985). Qui il bianco e nero e l'uso della pellicola Polaroid ha rivoluzionato l'artwork, connotandolo di una più intima sensibilità artistica. Così anche per Gabriel il grafico è ricorso alla Polaroid, in grado di incorniciare un volto maturo, ma giovanile, in un'estetica elegante e raffinata. Ad accompagnare lo scatto immortale figura il titolo breve ed essenziale in una grafica sinuosa scelta da Gabriel e il nome dell'artista in una casella colore blu Yves Klein. 

Per quanto mi riguarda, quella foto è stata per molti anni l'immagine pubblica di Peter Gabriel, un'immagine di riferimento che è durata per quasi 10 anni. Lo faceva sembrare contemporaneo, giovane ma cresciuto, maturo.

Un'inedita collaborazione da prima volta e la capacità visionaria di un designer hanno distinto l'immagine di Gabriel, affascinante e magnetico nella sua semplicità. Saville ha poi dichiarato che per lui il 1985 è stato l'anno zero. Il 1986 si configura così come il primo passo subitaneo, vincente al punto giusto per celebrare una grande annata rock. 

Francesca Brioschi

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