Formarono i Talking Heads nei primi anni '70, gli studenti della Rhode Island School Of Design David Byrne, Tina Weymouth e Chris Frantz, rispettivamente chitarra e voce, basso e batteria. Si trasferirono, poi, a New York, per immergersi immediatamente nella fervente scena nata intorno a locali come il CBGB. Dopo aver rilasciato il loro primo singolo, Love -> Building On Fire, i Talking Heads accolsero Jerry Harrison, alla chitarra e alle tastiere. Insomma, la loro sarebbe stata una carriera ricca di sfumature, nel corso della quale la band avrebbe esteso la propria influenza lungo numerosi generi, la vedremo di seguito nei particolari.
Quest'album fu etichettato dalla band come un errore. Eppure, la colonna sonora per il film indipendente omonimo del frontman della band presenta degli highlight pressoché piacevoli. Non è un disco valido, ma è comunque un lavoro creativo che spinse i Talking Heads a migliorarsi, in modo da poter presentare la loro inventiva ad un pubblico di massa.
Fu uno degli ultimi colpi di coda degli Heads, per il quale si avvalsero della collaborazione di oltre 30 artisti, tra cui Johnny Marr. L'album non risente degli attriti interni alla band, eppure si presenta come un lavoro divisivo, confuso a tratti, sicuramente non mostra i Talking Heads al loro apice.
La prima collaborazione con Brian Eno portò la band ad espandere notevolmente i propri orizzonti sonori. Questo disco del 1978 si presenta coeso, ricco di influenze, eppure energico e diretto. Un mix irresistibile che portò brani di grande successo, sotto la supervisione di uno dei produttori più in vista nella scena di quegli anni.
Per il loro sesto album, i Talking Heads decisero di cimentarsi nell'americana. Si avvalsero, così, di steel guitar e fisarmoniche per tessere i tappeti melodici che avrebbero presentato testi introspettivi, frutto dell'esplorazione di Byrne degli Stati Uniti. Scenari vividi, forti di efficaci descrizioni si spalancano nella mente degli ascoltatori grazie ad uno storytelling ispirato.
Un disco fondamentale per la reputazione della band, in cui sin dalla prima traccia emerge la loro atipicità. Una fatica discografica originale, unica nel suo genere, in grado di rappresentare una band dalle vibes punk, eppure appassionata di R&B. Le capacità del gruppo sono indiscutibili e, non a caso, l'album è dimora di Psycho Killer.
Reduci da una pausa durata ben 3 anni, i Talking Heads tornarono, forti di sonorità più catchy e meno riflessive. In ogni caso, la band preservò il proprio stile, mantenendo il proprio marchio di fabbrica in termini creativi.
FEAR OF MUSIC manifestò la volontà della band di non diventare una realtà sforna singoli. Per il loro terzo album, dunque, i Talking Heads unirono le proprie forze per creare un lavoro coeso, eclettico, con diverse inflessioni elettroniche provenienti dai ritmi della disco.
Non fu solo il miglior disco dei Talking Heads. REMAIN IN LIGHT è rimasto impresso come il lavoro più evocativo della band, un manifesto musicale in cui il gruppo sperimentò con sound mai visti prima nel mondo del rock. REMAIN IN LIGHT presentò la band al meglio delle proprie capacità. Sintetizzatori, chitarre e ritmiche coinvolgenti si unirono per creare texture consistenti sulle quali scagliare lyrics intense.
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