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Marillion Weekend | PROG n.49

Due distinti spettacoli di qualità elevata, una proposta musicale radicata nella tradizione ma non invecchiata, il basso costo dei biglietti rispetto alla media, l’internazionalità del pubblico, il rapporto tra i fan: sono gli elementi che emergono dagli appunti di un diario di viaggio lungo due giorni. Li riordino in un hotel di Valencia, in attesa di un altro spettacolo. Appropriato, forse: Happiness is the Road?

Il 28 aprile è un venerdì. Preparo fotocamera, obiettivi e valigia pensando al passato, perché oggi mio padre avrebbe compiuto ottantaquattro anni; mia nonna, invece, manca da quindici. Forse è un segno: trascorrerò due giorni al seguito di una band storica, il cui primo album ha quarant’anni. Da allora non ha mai cambiato formazione, fatta eccezione per la sostituzione di Fish con H, ovvero Steve Hogarth, nel 1989. Mi chiedo se il Marillion Weekend, svoltosi per la prima volta a Brean Sands nel 2002, non sia un’operazione nostalgica. La band, come da tradizione, suonerà per due serate di fila e non si possono acquistare biglietti singoli: il pacchetto è uno, i concerti due, diversi tra loro. Se qualcuno non partecipa, il problema è suo.

A mezzogiorno entro in autostrada. Ho deciso di non stare in città e ho prenotato una stanza tranquilla poco fuori Padova. Mi rilasso per mezz’ora, arrivando davanti al Gran Teatro Geox alle 17. In biglietteria c’è imbarazzo: il modem ha smesso di funzionare e non si può fare alcuna operazione. Per fortuna, gli accrediti sono stati stampati, ma c’è un problema: nella lista PRESS non si trova il mio nome. Senza parere, sbircio da sopra il banco. Eccomi, sono finito nella lista MARILLION degli accrediti del gruppo. Un paio di settimane prima ho intervistato Steve Rothery, che mi ha poi messo in contatto con Lucy Jordache, manager della band, e il mio nome si è spostato. La ragazza dietro il banco mi chiede di pazientare: deve stampare i documenti e consegnarli a un incaricato dei Marillion, che a sua volta li darà a me. Gli inglesi amano i cerimoniali.

«Il Marillion Weekend è una proposta musicale di qualità elevata, radicata nella tradizione ma non invecchiata»

Alle 18 ho tutto e mi dirigo verso l’entrata. Contrattempo surreale: mi chiedono di aprire la borsa della fotocamera, informandomi che non posso entrare con un’attrezzatura professionale. Davanti al pass PHOTO, l’addetta si scusa e mi spiega che devo tornare in biglietteria e passare dalla porta che dà sul cortile. Ringrazio e percorro i miei passi a ritroso. “Mi hanno detto di entrare da qui!”. Riemergo alle spalle di chi non mi ha lasciato passare, senza alcun controllo.

Mancano più di due ore al concerto, ma c’è movimento. Sento parlare in inglese più che in italiano e mi accorgo di trovarmi in mezzo a un mélange di nazionalità. Incuriosito, mi avvicino a un gruppo di persone e domando se qualcuno sia disposto a farsi intervistare – for the Italian PROG magazine. “Of course!”, risponde una voce. Chiedo all’uomo da dove arrivi, e mi dice: “Holland”.

“Davvero sei venuto dall’Olanda?”. “Certo, e questi amici arrivano dalla Svezia e dalla Norvegia”.
“Da quanto tempo segui i Marillion?”.

“Dagli anni Ottanta. Mi occupo del merchandising. Hanno avuto un problema di trasporto, c’erano delle cose che dovevano andare a Berlino, ma si sono creati degli intoppi. Sono qui per questo, devo portare alcune cose a Berlino”.

“Quindi ti occupi del trasporto?”

“Produzione e trasporto, ma sono soprattutto un fan. Produco merchandising per professione, ma non farei questo per qualsiasi band”.

“Cosa ti aspetti dai concerti?”.
“Nei Weekend suonano brani che nessuno si aspetta. Ero presente al primo che fecero, nel 2002, ma allora non mi occupavo del merchandising, ero solo un fan. Ho iniziato dopo la Brexit. Hanno un sacco di problemi legati alla Brexit”.

...Questo e molto altro sul prossimo numero di Prog n.49! Dal 20 luglio in edicola e online!

Mila Spada

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Mila Spada

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