Leggende metropolitane: i tre minuti nell’aldilà di Dave Gahan

Len è un poco di buono, un ragazzo senza un futuro e senza ideali. La guerra lo tempra e, se possibile, gli regala una faccia ancora più cinica di sempre. L’orgogliosa e vittoriosa Great Britain lo accoglie in patria con una casa popolare e una ragazza anche più povera di lui da sfamare. Lui fa tutto quello che può, ma ogni giorno rincasa dalla fabbrica con qualche ruga in più e molte illusioni in meno. Qualche birra e uno schiaffo di troppo a sua moglie gli costano anche il solo calore umano che avesse mai conosciuto. Sylvia, che è anche madre dei suoi sei figli, lo abbandona nottetempo e Len, che forse un briciolo di dignità lo possiede ancora, non va neanche a cercarla. Gli anni che seguono non tradiscono le sue magre aspettative, il bere ha preso il sopravvento su tutto il resto e Len incomincia a perdere ogni contatto con la realtà. Le sue giornate sono addirittura segnate da visioni e deliri, tanto che i suoi colleghi in fabbrica lo soprannominano Oracolo.

Vede cose Len, cose che nessun altro può vedere e le sue profezie, a un certo punto, si rivelano incredibilmente fondate, così accurate da consentirgli di arrotondare lo stipendio con i suoi “consulti”. Poi, in una delle sue notti più buie, Len viene travolto da una visione a dire poco terrificante; in questa specie di incubo ad occhi aperti, si vede fluttuare in un mare nero come la notte e riconosce uno dei suoi figli, Dave, adagiato su una zattera, circondato da corvi neri e minacciosi. Per molte sere di seguito sarà perseguitato da questa visione che lo spingerà a chiedere persino l’aiuto di un dottore. La sanità pubblica inglese se la cava prescrivendogli qualche seduta dagli Alcolisti Anonimi e un ciclo di blandi tranquillanti e Len ritorna in se stesso per qualche tempo. È allora che riceve una lettera dalla sua ex moglie che gli dice che suo marito, quello che ha anche adottato i suoi figli e che li ha mantenuti fino ad allora, è venuto a mancare. È l’occasione per mettere a posto le cose con la sua famiglia, o almeno di provarci e Len decide di andare a trovare Sylvia.

Lei e i bambini non vivono in una reggia, ma la casa nell’Essex del povero marito scomparso ha un bel giardino ed è baciata dal sole. I ragazzi sono scioccati dall’apparizione del loro vero padre – Dave, poi, non sapeva neanche della sua esistenza. Len, allora, cerca di rassicurarlo come può, ma quando si avvicina al bambino, viene assalito da una delle sue visioni più violente e deve trattenersi per non urlargli in faccia: Len vede Dave moribondo, circondato dai soliti corvi e con un cuore sanguinante in mano. Quando esce da quella casa non ha idea di come affrontare la cosa e decide che deve darsi tempo. Così inizia ad andare a trovare Sylvia più spesso, cercando di avere un contatto più assiduo con i ragazzi e soprattutto con Dave, nella speranza di comprendere meglio il senso di quella visione ricorrente. Ma Dave si sente orfano a tutti gli effetti e, anzi, la compagnia di Len gli provoca disagio. Quando capisce che la sua presenza mette a repentaglio la serenità dei ragazzi e, specialmente, quella di Dave, Len decide che è ora di andarsene di nuovo e questa volta per sempre. Al momento di congedarsi, guardando il piccolo Dave negli occhi, Len riesce solo a pronunciare dei numeri senza senso: 96,5,28. Mentre fa ritorno a casa, in viaggio verso il nord su un treno umido e rumoroso, sente per un attimo la strana urgenza di rivolgere un ultimo pensiero al piccolo, fragile Dave: “Tra gli angeli datti solo tre minuti figlio mio, solo tre minuti”.

Il 28 maggio del 1996, Dave Gahan viene dichiarato clinicamente morto dai paramedici dell’unita di soccorso di Los Angeles, a seguito di un’overdose di eroina e cocaina. Tornerà alla vita dopo tre minuti esatti.

Di Cristiana Turchetti

Questo articolo compare interamente nel numero #59 di Classic Rock Italia!
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