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Ian Anderson: la vera forza del Prog è la noia!

Quest’estate STAND UP dei Jethro Tull celebra il suo cinquantesimo anniversario: Ian Anderson ne ricorda la genesi

Un breve estratto dell’articolo di Dave Everley pubblicato su  Prog 24, in edicola e on line!

Quando Elvis ti convoca, tu vai. Correva l’agosto del 1969, e il Re del Rock’n’Roll si trovava nel bel mezzo di quattro redditizie settimane di concerti all’International Hotel di Las Vegas, dove una sequela di visitatori in estasi veniva ricevuta prima e dopo i set.

Nessuno diceva di no a un’udienza con Elvis. Nessuno eccetto Ian Anderson. “Eravamo a suonare a Las Vegas, più o meno nel periodo di STAND UP, e siamo stati presi per i capelli e portati in questo casinò dove si tenevano i concerti”, ricorda Anderson, 50 anni dopo. “Non sono mai stato un grande appassionato di Elvis, ma immagino che da bambino le sue canzoni abbiano in qualche modo contribuito alla mia attrazione per la musica. Anderson non rimase colpito da quello che vide. “Mi fece schifo quanto tutto fosse così commerciale e banale. E lui era palesemente bollito. Biascicava le parole, non aveva idea di dove fosse, fermava la band a metà canzone. Non era questo il modo di assistere a un concerto di Elvis”.

Del resto il musicista scozzese ha costruito un’intera carriera a confondere le aspettative, a girare a sinistra invece che a destra, a fare le cose sempre a modo suo. Un approccio che, in questi 50 e passa anni di attività, ha sempre funzionato bene. Anzi, mai così bene come sul secondo album dei Jethro Tull, STAND UP: un disco di trasformazione e un punto di svolta nel viaggio cinquantennale del gruppo – il punto che segna l’inizio della band come la conosciamo.

Ho sempre sostenuto che la vera forza propulsiva del prog rock è la noia

Fu proprio negli Stati Uniti che i Jethro Tull scrissero e registrarono la canzone che avrebbe messo in moto la loro evoluzione da blues-rocker eccentrici a veri e propri pionieri del prog. Anderson ricorda che era in un albergo, da qualche parte nella zona centro-ovest degli USA, quando il manager della band, Terry Ellis, lo bloccò nella hall e gli disse che bisognava scrivere subito un singolo di successo. “Così ho detto: ‘Fammi capire, vuoi che me ne torni su in camera e mi metta a scrivere un singolo di successo?’, e lui disse: ‘Sì!’”.

Sfida accettata, Anderson tornò in camera e si mise all’opera. Essendo pestifero e scomodo di natura, decise di scriverlo in 5/4 – di certo non la scansione ritmica più usuale per un singolo di successo. Malgrado la bastardaggine intenzionale, Living In The Past nel giugno del 1969 raggiunse la Top 3 inglese e divenne il primo vero singolo di successo dei Tull.

A quel punto, i Jethro Tull avevano già cominciato a registrare STAND UP ai Morgan Studios nel nord di Londra. Avevano fatto il rodaggio ad alcuni nuovi brani durante il tour americano, tra questi Back To The Family, For A Thousand Mothers e la possente A New Day Yesterday. Il nuovo materiale aveva poco a che vedere con quello registrato per THIS WAS. “Ho sempre sostenuto che la vera forza propulsiva del prog rock è la noia”, rivela adesso Anderson. “Questa è la cosa che spinge le persone – la gente si annoia con i soliti tre accordi o con le cose ripetitive, quindi va a cercare qualcos’altro. La soglia di tolleranza può diventare parecchio bassa e tutto rischia di diventare già visto e già sentito. Bisogna espandersi oltre questo livello”. E su STAND UP, i Jethro Tull di certo si espansero.

L’articolo integrale su   Prog 24, in edicola e on line!

Dave Everley

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Dave Everley

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