MYLES KENNEDY: la storia della mia vita

La vita rock’n’roll del ringmaster degli Alter Bridge: Myles Kennedy

La reputazione del frontman degli Alter Bridge, Myles Kennedy, è tale che spesso le voci si sono rincorse, chi diceva di sarebbe unito ai Velvet Revolver, ai Guns N’ Roses oppure ai Led Zeppelin. Ma questa è soltanto la punta dell’iceberg di ciò che ha da raccontarci.

Quando e dove sei nato?

“Sono nato nel bosco e sono stato allevato dai lupi. Ah ah! No, sono nato a Boston, Massachusetts, molto tempo fa (il 27 novembre del 1969, per l’esattezza …). L’uomo preistorico esisteva ancora, sono un vecchio. Sono stato in tour per molto tempo e sto iniziando a cadere a pezzi!”

Come descriveresti la tua infanzia?

“Ho avuto un’infanzia interessante. È stato bello e sono stato molto fortunato ad aver avuto dei genitori così meravigliosi. Ci sono stati anche dei momenti difficili, perchè mio padre biologico è morto; ovviamente è stato difficile per tutta la famiglia, per mia madre, mio fratello e me. Mia madre ha incontrato davvero un bravo ragazzo qualche anno dopo, e ci ha presi tutti con sè. Cose del genere non accadono così spesso, perciò ne sono davvero grato.”

Diresti che la perdita tuo padre ti ha indotto ad una fase formativa più instabile, portandoti ad abbracciare la vita del musicista?

“Penso tu abbia ragione, è una domanda corretta. Inoltre, quando accadono cose emotivamente così potenti, si tende sempre ad attingervi e ad utilizzarle come materiale ‘emotivo’ per scrivere una canzone. Quegli anni formativi sono fondamentali per lo sviluppo di ogni essere umano, e come cantautore, quando rispenso a quegli stati d’animo, mi emoziono molto. Non se ne sono mai veramente andati.”

In precedenza, hai detto che il tuo atteggiamento ambivalente nei confronti della religione, deriva anche dai tuoi primi anni…

“Un po’, sì, a causa del modo in cui sono andate le cose, perdere mio padre e il modo in cui l’ho affrontato. Alla fine è morto perchè credeva che sarebbe stato guarito da Dio, non ha mai visto un medico, e ha lottato per molti anni, lasciandomi molte domande senza risposta. Facevo parte di una famiglia cristiana, perchè mia madre ha sposato un pastore metodista, ma con il passare degli anni, mi sono reso conto che quella non era la verità per me. Alcune persone trovano conforto nella religione, il che è grande. Vorrei fosse stato così anche per me”.

Eri un bravo studente a scuola?

“Ho lavorato duramente. Volevo fare del mio meglio, ma poi ho scoperto la chitarra! Sono letteralmente passato dall’avere buoni voti, ad avere voti orribili, entro tre mesi. Improvvisamente i miei genitori erano come: ‘Che diavolo sta succedendo?‘ e io rispondevo: ‘Nel caso in cui non ve ne siate accorti, sono stato nella mia stanza per otto ore al giorno, provando con la chitarra!‘”

Quando la musica è diventata una parte così importante della tua vita e della tua identità?

“Ha iniziato a diventare parte di me molto presto. Non molto tempo dopo la morte di mio padre, ricordo di aver sentito Elton John e Stevie Wonder alla radio, e ricordo di aver pensato che erano davvero cool, poi ho sentito We Are The champions e We Will Rock You e sono corso a comprare il The News Of The World album!”

Cosa ti ha spinto ad oltrepassare la linea del semplice appassionato di musica, decidendo di diventare qualcuno che voleva fare musica per vivere?

“I miei amici. Abbiamo iniziato a fare quelle cose da band nelle nostre camerette, ‘suonando’ e fingendoci rocker con qualsiasi record ci capitasse sotto mano, dai Judas Priest agli Iron Maiden; così abbiamo iniziato a mettere su degli spettacolini. Abbiamo costruito delle chitarre finte e indossato abiti folli, per poi fare uno spettacolo nel seminterrato di qualche membro della chiesa di mio padre; c’erano tutte le persone della comunità. Abbiamo cominciato con The Hellion dei Judas Priest, e ricordo lo sguardo di terrore totale sui volti di quelle persone. Poi un giorno, mentre me ne stavo seduto intorno ad un fuoco con il mio patrigno, lui mi guardò con un espressione sbalordita e mi disse: ‘Perchè non impari a suonare per davvero?‘ era giunto il momento! Ho utilizzato i miei risparmi per comprare la mia prima vera chitarra, e quello è stato l’inizio del mio viaggio.”

Quando hai capito di non essere solo un chitarrista di talento, ma anche un cantante eccezionale?

“Questa è una bella domanda! Sapevo di saper cantare un po’, e mi sarebbe piaciuto cantare in una band o registrare record. E’ successo tutto quando ho cominciato a scrivere canzoni, senza riuscire a trovare un cantante nella città in cui vivevo, così ho deciso di fare il grande passo, e smettere di essere soltanto un chitarrista: ho cantato davvero per la prima volta. Le persone hanno cominciato a dirmi: ‘Forse dovresti cantare per tutto il tempo!‘ e basta.”

Qual è stata la tua prima vera band?

“Al liceo ero in una band, chiamata Rapscallion. Ci ho suonato per sei mesi, ed è stato abbastanza terribile, ma tutto sommato divertente! La mia prima vera band invece si chiamata Bittersweet, finché siamo andati al liceo abbiamo suonato nei club, poi siamo finiti per suonare sei notti a settimana, per quattro ore a serata.”

Come hai fatto a progredire, dal suonare cover in un club, a dove sei oggi?

“Beh, dopo i Bittersweet, ho fatto un paio di cose nel corso degli anni ’90, poi sono arrivati i The Mayfield Four. Facevamo più di semplice rock moderno, è stato divertente, e una sfida. Abbiamo aperto un concerto per i Creed, proprio quando stavano per cominciare a decollare. Ecco dov’è iniziato. I ragazzi della band mi hanno ascoltato, cinque anni più tardi, di punto in bianco, ho ricevuto questa chiamata. Non avevo mai parlato con Mark (Tremonti) negli anni, quindi è stato pazzesco come è andato tutto.”

C’è molta pressione nel dover lavorare con persone di successo come i ragazzi degli Alter Bridge, o Slash?

“Sono dei fenomeni che hanno avuto un successo incredibile. C’è sempre quella sensazione di essere una spanna inferiore, ed è la parte più difficile. Ma questo è solo il modo con cui si impara a conviverci. Non ho mai pensato, quando il mio patrigno mi ha incoraggiato a prendere in mano una chitarra, che sarebbe andata come poi è effettivamente stato. Ero contento semplicemente di essere un musicista, di suonare la chitarra, e di suonare in un bar. Siamo nel mondo della musica, e tutto potrebbe anche finire domani. Fra trent’anni, mi guarderò indietro, e penserò: ‘Quello è stato il miglior momento della mia vita!‘”

Come ti sei sentito nel 2008, quando sono iniziate a circolare voci sul fatto che saresti diventato il nuovo cantante dei Led Zeppelin?

“Mi sembra ancora una follia! Per me, loro erano l’alfa e l’omega. Stavano pensando di intraprendere un nuovo progetto dopo la reunion con Robert (Plant), e sono stato considerato per un po’. E’ stato surreale, e così speciale, a causa dell’enorme significato che loro hanno per me. Qualcuno poi mi ha chiesto se avevo rifiutato di lavorare coi Led Zeppelin, e io ho detto: ‘Davvero? Davvero lo farei?‘ Ah ah ah!”

Ti è mai stato chiesto di unirti ai Velvet Revoler?

“Penso di essere stato menzionato. Ero lusingato di essere stato preso in considerazione, ma sapendo a cosa stavano andando incontro gli Alter Bridge, sarebbe stato sbagliato farne parte, i Velvet Revoler sarebbero stati una macchina da tour, e sentivo che non era la cosa giusta per me. Ora sto in tour con Slash comunque!”

Hai passato la maggior parte della tua vita ‘on the road’, come hai fatto a far fronte alle tue esigenze conducendo questa vita?

“La parte più difficile, è che non è una vita normale, almeno, non per la mia idea di normalità. Le ultime volte che sono tornato a casa, non l’ho sentita davvero come casa, perchè non ci sono stato poi così tanto. Sono appena stato via per quasi due anni di fila. La mia casa, sono mia moglie, e il mio cane. Mia moglie mi segue e viene con me, il che è grandioso. Ma in termini di casa, in senso di luogo geografico, non credo faccia parte di me. Sono un nomade!”

Qual è la lezione più importante che hai imparato in questa pazza vita sull’onda del rock’n’roll?

“L’industria musicale è brutale, e al suo interno c’è anche una certa quantità di persone cattive, così ho imparato a tenere alta la guardia, essere un po’ più duro e in grado di seguire la mia strada in modo intelligente. Vengo da una piccola città, quindi non avevo le competenze necessarie al momento in cui sono entrato nel business, perciò ho commesso degli errori. Ma te ne bastano un paio per imparare!”

Fonte.

 

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