“Let it be”: la canzone che non riuscì a salvare i Beatles

L'8 maggio 1970 usciva l'album LET IT BE, testamento della band che avrebbe cambiato il mondo. Ecco la storia della sua title track, un ultimo canto di speranza.

And when the night is cloudy,
There is still a light that shines on me,
Shine on until tomorrow, let it be.

Di notti nuvolose e difficoltà, nella primavera del 1970, i Beatles ne avevano viste tante. Il 10 aprile, Paul McCartney rese noto l’abbandono del gruppo: i Fab Four finivano ufficialmente. A siglare l'addio, l'8 maggio 1970, fu LET IT BE, seguito dall'omonimo documentario di Michael Lindsay-Hogg. Nessuno dei Beatles si presentò alla prima.

Benché registrato per la quasi totalità in sessioni precedenti a quelle di ABBEY ROAD, LET IT BE venne lanciato sul mercato solo successivamente. Al primo ascolto, il disco appare come una sorta di ritorno alle origini. Invece, si tratta dell'ultima opera di un gruppo che, durante le registrazioni, era ormai in crisi, nonché la goccia che fece traboccare il vaso.

In quel periodo, Paul voleva tornare a fare concerti, George Harrison gli si opponeva, frustrato dal fatto che i compagni non mostrassero alcun interesse verso i suoi pezzi. John Lennon, perso nella sua passione per Yōko Ono, mal sopportava la leadership di McCartney. A fare da mediatore era Ringo Starr, oltre al tastierista Billy Preston, già collaboratore dei Beatles e da alcuni considerato come "il quinto Beatle", che contribuì in parte ad allentare la tensione.

È a questo punto che si pone Let it be. A comporre il brano è Paul McCartney, che si ispirò a un sogno, nel quale il musicista aveva parlato con la madre Mary, morta di cancro nel 1956 quando lui aveva solo 14 anni. Quella notte, in sogno, la "mother Mary" consigliava a Paul di non lasciarsi sopraffare dalle tensioni, ma di "lasciar correre". Tutto sarebbe andato bene.

When I find myself in times of trouble
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be.
And in my hour of darkness
She is standing right in front of me
Speaking words of wisdom, let it be.

Una canzone di speranza dunque, che avrebbe dovuto salvare i Beatles da una fine annunciata, calmando le acque. In realtà, non andò esattamente così.

A John Lennon, innanzitutto, la canzone non piaceva perché troppo "pseudo-religiosa".  Forse per questo la canzone venne collocata, nell'album, appena dopo la frase pronunciata da Lennon "And now we'd like to do 'Hark The Angels Come'!" ("Ed ora vorremmo eseguire 'Udite! Gli angeli cantano'!"), e subito prima dell'esecuzione di Maggie Mae, dedicata ad una prostituta di Liverpool.

Nonostante gli sforzi di McCartney, inoltre, i quattro Beatles faticavano a stare insieme. Distanti, incapaci di comunicare. Certo, c'era ancora lo spazio e il modo per ritrovarsi, per incidere un album meraviglioso come ABBEY ROAD.

Ma la fine, trionfale, dei Beatles, sta tutta lì: in quella canzone di speranza, a metà tra il rock e il gospel, con cui cinquant'anni fa i Beatles salutavano per sempre chi li aveva amati.

Marialuisa Miraglia

Nata negli anni sbagliati, amo guardare film in bianco e nero e sorseggiare tè caldo mentre "The Dark Side of the Moon" corre sul giradischi.

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Marialuisa Miraglia

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