Franco Micalizzi e quel sodalizio con Bud Spencer, Terence Hill ed Enzo Barboni

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Il nome di Franco Micalizzi resterà legato per sempre a quelli di Enzo Barboni, Bud Spencer e Terence Hill. Ecco come nacque il loro sodalizio.

Con la sua musica, Franco Micalizzi ha caratterizzato alcuni dei film più popolari del nostro cinema italiano, spaziando in tutti i generi: i western, i poliziotteschi, gli horror, perfino le commediole sexy. Ma più di tutto, il suo nome è legato in particolare al sodalizio con tre artisti indimenticabili: Enzo Barboni, Bud Spencer e Terence Hill.

Ecco come è nata questa unione.

In concomitanza con la nascita del suo secondogenito, Cristiano Micalizzi, e del passaggio dalla RCA alle Edizioni Curci, inizia la sua avventura all’interno del mondo del cinema.

Lavorare per il cinema è coinciso proprio con l’applicare quelle conoscenze apprese in precedenza, cominciavo ad avere più contatti con produttori, frequentavo le produzioni e, proprio con le Edizioni Curci saltò fuori l’opportunità di comporre le musiche per un ‘filmino’, Lo chiamavano Trinità (1970) di Enzo Barboni, in arte E. B. Clucher. Un progetto che giaceva nei loro cassetti e che, specie negli anni del grande western all’italiana, nessuno era intenzionato a finalizzare. Le pellicole di Sergio Leone non erano per nulla comiche, ma costruite mediante un montaggio lento e ragionato, in scia ad altre atmosfere, con annessi morti in sceneggiatura, e un contenuto finanche politico. Lo chiamavano Trinità, invece, era l’esatto opposto, si trattava di un film d’azione ma, in fondo, leggero, divertente, con le sue numerose scazzottate della grande coppia formata da Bud Spencer e Terence Hill. Fu così che a Enzo Barboni, alla prima regia dopo i trascorsi come direttore della fotografia, assegnarono Franco Micalizzi. Il regista, tra l’altro, non era neppure nelle condizioni di rifiutare. Il nostro rapporto di lavoro fu ottimo sin da subito, lui era molto disponibile, sorridente, aveva una grande capacità di costruire situazioni spiritose e questo suo feeling è arrivato agli spettatori in platea. Quando il film uscì nelle sale, il successo fu immediato, furono letteralmente prese d’assalto. Inoltre, Lo chiamavano Trinità non è stato premiato solo dal pubblico di cinquant’anni fa, ma anche da quello televisivo, divenendo una sorta di campione d’ascolti a ogni passaggio in tv. È stato riproposto così tante volte che tutti conoscono le battute.

Per una curiosa coincidenza, Lo chiamavano Trinità debuttò nei cinema dieci giorni prima dei festeggiamenti del Natale 1970, in concomitanza con il suo compleanno.

Sì, sono orgoglioso di far parte di questa storia, tanto dinamica quanto dinamitarda, la pellicola la conoscono tutti, le musiche idem, lo stesso Quentin Tarantino ha utilizzato i titoli di testa come finale del suo Django Unchained (2012), magari tutti gli altri film avessero tagliato gli stessi traguardi. Un brano tratto da una colonna sonora, come Trinity: Titoli è stato a lungo in classifica in tutto il mondo, divenendo qualcosa di unico, forse irripetibile, malgrado all’inizio il produttore Italo Zingarelli avesse in mente di richiedermi un altro tipo di tema, molto meno energico, quasi una ninna nanna. Io, invece, avevo compreso bene il mood di Lo chiamavano Trinità. Per i titoli di testa, la mia musica si avvaleva del testo di Lally Stott, cantautore britannico allora in voga, prematuramente deceduto in un incidente d’auto. Anche lui aveva avuto le mie stesse impressioni in merito alle immagini girate da Enzo Barboni e le sue parole erano perfette per le mie note. Il regista, però, tifava per la mia soluzione, che fu poi adottata. La voce di Trinity: Titoli è quella di Annibale Giannarelli, un cantante di passaggio, figlio di italiani precedentemente emigrati in Australia. Lui si era appena trasferito in Italia in cerca di fortuna, un po’ un azzardo, e non era affatto consapevole, così come noi, di cantare un brano destinato a essere leggendario e ricordato attraverso cinque decenni. In seguito, ho provato a introdurlo nel mondo della musica, con alcune audizioni, ma senza particolari riscontri perché, paradossalmente, era considerato troppo bravo.

 A volte, certi lavori del passato sono stati realizzati con grande leggerezza.

La professione t’impone di fare qualcosa di buono, che sia congeniale, utile per il film in questione e, se dovesse arrivare anche il successo, tanto meglio. Il desiderio di ogni compositore è, di sicuro, cercare di fare quel qualcosa in più. La prima regola resta, però, il servire a dovere le immagini.

Il sodalizio con Enzo Barboni, Bud Spencer e Terence Hill è proseguito con un dittico di non meno celebri film, Nati con la camicia (1983) e Non c’è due senza quattro (1984).

Bud Spencer e Terence Hill erano ormai personaggi affermati e, al di là del genere, qualsiasi film avessero girato, sarebbe stato un successo. Il pubblico li amava moltissimo e, anche in quelle due occasioni, ho realizzato qualche brano ad hoc per le immagini, per esempio il samba per Non c’è due senza quattro. Inoltre, con Enzo Barboni ho sempre lavorato bene e, oggi, sono molto amico di suo figlio, che ha spesso seguito il padre sul set. Sono, poi, legato anche al figlio di Bud Spencer. 

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