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Gordian Knot: quando l’eredità prog diede vita a un supergruppo

Nel 1998 irrompono nello scenario progressive metal i Gordian Knot, un supergruppo fondato da Sean Malone, a cui parteciparono in tantissimi. Volete saperne di più?

Come una volta ricordò Mick Mars, ogni grande gruppo deve avere un grande nome. I Gordian Knot traggono la loro bandiera da un'espressione largamente usata in inglese, che si traduce nella "definizione di un problema complesso e all'apparenza irrisolvibile". Tale termine trova origine all'epoca di Alessandro Magno, quando il condottiero macedone arrivò nella città di Gordio, in Turchia e si trovò di fronte a un misterioso carro avvolto da nodi talmente articolati, da non capire come erano intrecciati. 

La prima immagine che si associa al gruppo è quindi quella di un'entità poliedrica, che affonda le sue radici nella Storia. E non potrebbe esserci definizione migliore per una band che ha raccolto, nella sua formazione, musicisti appartenenti alla tradizione progressive. Il gruppo, fondato e condotto dal bassista Sean Malone, colleziona ad oggi due album di spessore, che trattegiano tutte le sfumature dei suoi componenti: uno stile sperimentale, fusione di metal, jazz, rock e funky. Ma vediamoli nel dettaglio. 

Accanto al bassista ed ex membro dei Cynic, hanno suonato nella band:  Steve Hackett, chitarrista dei Genesis, Bill Buford, batterista dei King Crimson e degli Yes, Ron Jarzonbeck, chitarrista dei Watchtower, Jim Matheos, chitarrista dei Fates Warning e John Myung dei Dream Theater, con il suo champman stick. Trattasi quest'ultimo di uno strumento a corde molto particolare inventato negli anni Settanta, che permette di suonare cinque corde melodiche con la mano destra e cinque di basso con la mano sinistra secondo uno schema preciso. 

Un altro virtuoso di questo strumento, insieme alla chitarra estesa Warr, è Trey Gunn dei King Crimson che ha offerto anche lui il suo tocco ai Gordian Knot.

Così gli artisti si uniscono in una libera performance stilistica, che accoglie onde lisergiche, a tratti fluide e rilassanti, potenziate verso una dimensione intergalattica. Insomma, i Gordian Knot giocano su una narrazione puramente strumentale in cui ognuno dona il proprio contributo, dando origine a una creatura poliforme e sempre nuova. Come in un nodo gordiano di cui non si capisce l'origine, ma se ne resta affascinati. Ed è questa la loro magia. 

Francesca Brioschi

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