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Cosa si nasconde dietro la canzone più prog dei Deep Purple?

Nella varia discografia dei Deep Purple non sono mancate epiche tinte prog. E c'è un brano in particolare che è considerato dai fan il più progressive in assoluto... stiamo parlando di Child in Time. 

Siamo nel 1970 e i Deep Purple, leggendario gruppo hard rock inglese di Hertford, sforna il loro quarto album, DEEP PURPLE IN ROCK. Ad impreziosire una struttura già epica alla sua presentazione, si inserisce un pezzo d'eccezione, Child In Timeche in breve viene definito dalla stampa dell'epoca come un brano fondativo del progressive, su quella scia embrionale che si stava tracciando in territorio britannico. E, ascoltandola e riascoltandola, non possiamo che trovare spunti iconici per definire la canzone una vera e propria perla prog. 

A partire dalla sua lunghezza di oltre dieci minuti, che troneggia su tutti gli altri brani in scaletta, di cui il secondo più chilometrico è l'altrettanto esplosivo Flight Of The Ratdi quasi otto minuti. In più l'album si dota di un ingresso straordinario, Ian Gillan alla voce che, con la sua potenza vocale, trainata da un urlo poetico, dà quel tocco in più a Child In Time. Ed è stato lui stesso a dire che la canzone si ispira a Bombay Calling del gruppo It's A Beautiful Day, nonostante i Deep Purple gli abbiano dato quella svolta inedita, sancita da un incipit trionfale. 

Così sin da subito si nota come ogni componente della band abbia un proprio spazio espressivo, incorporato alla perfezione con quello dei compagni. Cominciamo quindi con le tastiere ipnotiche di Jon Lord che, accanto alla sinuosità di impianto marmoreo del riff di Ritchie Blackmore, svela la perizia tecnica e l'ascendenza classica della loro preparazione. Sopraggiunge poi la voce trascendentale di Gillan, che spinge il suono verso dimensioni celestiali, in un crescendo progressivo che incornicia la canzone. Il tutto lungo la scrittura cadenzata alla batteria di Ian Paice

Sembra addirittura che questo sia il brano preferito dal cantante, il cui titolo è stato da lui usato per l'album di debutto della sua futura formazione, Ian Gillan Band, nel 1976. Tuttavia, dal 2002, il frontman non ha più voluto esibirsi dal vivo su questo pezzo, incapace, secondo la sua opinione, di raggiungere la stessa libidine vocale delle sue performance nei Seventies. Il brano poi conserva quel caleidoscopio di generi tipico del progressive, con sfumature rock, blues, jazz e classiche. Appare quindi impossibile pensare di poter riprodurre il brano senza il tocco distintivo dei Deep Purple. 

Passiamo poi al testo, criptico, enigmatico, poetico, con lo sfondo imperante della Guerra Fredda e della Guerra del Vietnam. Così il bambino nel tempo si lascia avvolgere da una ballad blues che non riposa sulla staticità compositiva, ma cresce continuamente, con un'energia dirompente, ma al tempo stesso elegante e delicata. Non a caso questo brano è stato utilizzato per ben tre colonne sonore cinematografiche: Le Onde Del Destino (1996) di Lars Von TrierDenti (2000) di Gabriele SalvatoresLa Banda Baader Meinhoff (2008) di Uli Edel. 

Un brano che si plasma così perfettamente su un proseguo narrativo finzionale, non può che essere avvolto da un'intenzionalità progressive. Dall'idea di poter raccontare attraverso la musica una storia, che non si fondi sulla reiterazione di strofe e ritornello, ma che si dispieghi lungo un viaggio imprevedibile, ricco di colpi di scena ma al tempo stesso ammorbidito dalla consapevolezza di quello dei i Deep Purple ci possono offrire. Sempre coinvolgenti, onirici e pirotecnici

Francesca Brioschi

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Francesca Brioschi
Tags: deep purple

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