Prog italiano in vinile: le 4 copertine più belle del 1972

L'onirico prog è figlio di un immaginario che in Italia trova una fiorente espressione artistica, contesa sul podio da quattro mirabili copertine di un anno particolarmente iconico, il 1972. Qual è la vostra preferita?

L'UOMO DI PEZZA, Le Orme

I pionieri del prog italiano forgiano nel 1971 un album di rara bellezza, COLLAGE. La sua copertina introduce un avanguardismo stilistico che accompagnerà la band per tutta la sua florida carriera musicale. Tuttavia, è nel 1972 che l’arte trova la sua più completa espressione pittorica in un artwork di spessore. L’UOMO DI PEZZA si affida così al tocco del disegnatore Walter Mac Mazzieri, fedele menestrello artistico della band, che crea un'opera fiabesca e surrealista. L’artista si serve di una sua opera, Garbo di Neve, ispirata alla seconda traccia dell’album, Gioco di Bimba. Sulla tela si staglia un gigante dallo sguardo buono, i cui lineamenti abbracciano la densità plastica della pittura metafisica italiana di Giorgio De Chirico e Alberto Savinio. Ma non traspare un’aura di straniamento o solitudine, quanto un ritratto giocoso, di pacata armonia, iniettato dei colori accesi dei murales messicani.

STORIA DI UN MINUTO, Premiata Forneria Marconi

L’album di debutto della Premiata Forneria Marconi si traduce in un dipinto di altrettanta fantasia, che evoca la riflessione esistenziale della vita di un uomo, dispiegata sulle note del concept album. Vediamo uno scenario teatrale da cui affiora una testa senza corpo, affine a una statua. Il suo volto è troncato a metà da un’ombra che le solca il viso e da una cornice dove riconosciamo il profilo di una città e un interno domestico. Ma per comprendere l’opera nella sua totalità è necessario affiancarla alla back cover, in una dimensione continuativa legata da un albero centrale da cui si librano serpeggianti rami. E le due metà dell’album sono contraddistinte anche dal colore, più caldo e avvolgente per front cover, mentre il retro si immerge in un’atmosfera cupa e funerea. Tutto il complesso artistico è frutto della penna di Wanda Spinelli, moglie del celebre fotografo Caesar Monti, che Franz Di Cioccio e Mauro Pagani descrissero così:

Una persona in un solo minuto vede la sua vita come potrebbe essere e si estrania, entra in contatto con la parte scura che la opprime. In mezzo, l’albero della vita, che si divide in due rami. Quindi: da un lato la vita grigia di tutti i giorni, dall’altro la vita che potresti avere e che vedi in un minuto.

QUELLA VECCHIA LOCANDA, Quella Vecchia Locanda

Ispirati alle sinfoniche melodie barocche dei Jethro Tull, Quella Vecchia Locanda dà alle stampe nel 1972 il suo omonimo album d’esordio. Il gruppo, originario di Monteverde, nei pressi di Roma, si affida a una filosofia figlia dell’immaginario tolkeniano. La copertina gioca su una sfumata combinazione di colori pastello, in un’aura nebulosa, inconsistente, affine ai delicati sogni dipinti dal pittore bielorusso Marc Chagall. Ma il contesto non si rifà alla fredda Russia, quanto a un immaginario apparentemente senza spazio e tempo. Sembra però rievocare un paesaggio appeninico, attraversato dalle catene montuose sullo sfondo in una morbida ed elegante notte d’inverno. E sul primo piano silente si affacciano architetture diroccate, separate da grotteschi alberi dai rami affusolati, quasi ci trovassimo in una pellicola di Tim Burton o Guillermo Del Toro. Ma è il pellegrino in primo piano a incorniciare il titolo in carattere gotico dell’album.

NUDA, Garybaldi

Nella Genova di inizio anni Settanta emergono invece i Garybaldi, anch’essi portavoci di un brillante album d’esordio, NUDA. E il tocco distintivo, permeato su sonorità blues, è affidato al celebre fumettista milanese Guido Crepax. Quest’ultimo, dal particolarissimo tratto sfregiato e frenetico, ha dato vita alla sensualità erotica femminile nel fumetto italiano, con la sua Valentina. Tuttavia per i Garybaldi sceglie Bianca, il naturale contraltare del personaggio prediletto dall’artista, abbandonata alla sinuosità del colore. Lei, nelle vesti di una naufraga, riposa rilassata e disincantata sulla spiaggia, lasciando che creaturine immaginifiche le adornino il corpo, scalando i suoi lunghi capelli corvini. La magia e la fiaba si intrecciano in una creatura magnetica, che incarna perfettamente il Gulliver di Jonathan Swift in versione femminile. E, nonostante l’immagine della cover non rispecchi il percorso musicale del debutto della band di Bambi Fossati, resta una delle copertine più belle mai realizzate per il prog italiano, con tanto di firma d’eccezione.

Francesca Brioschi

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