La notizia che i Porcupine Tree siano in procinto di rilasciare un nuovo album in estate dopo 12 anni di silenzio discografico, ha mandato i milioni di fan della band in estasi. Nell'attesa che uno degli atti più importanti per il progressive moderno ritorni ad incantare i propri ascoltatori, rivediamo gli album da loro rilasciati negli anni, analizzandoli.
Questo disco del 1992 si presenta relativamente acerbo, quasi nulla in confronto a ciò che la band avrebbe rilasciato negli anni successivi. La psichedelia che caratterizza alcuni brani non giova al disco che, in ogni caso, rimane un lavoro valido nel complesso.
Inizialmente concepito come un doppio album, UP THE DOWNSTAIR segnò un punto di svolta significativo nel processo di crescita del disco. Brani come la title track dimostrano la potenza del sound della band, un vero punto di partenza per un gruppo particolarmente meritevole.
Caratterizzato da brani più brevi, ma non per questo meno intensi, SIGNIFY si presenta come un lavoro maturo, ricco di punti rivelatori.
Un'ode al progressive rock del passato. In questo disco, Steven Wilson osserva un glorioso tributo ai Pink Floyd, con grande orgoglio. Rispettoso, eppure avanguardistico, THE SKY MOVES SIDEWAYS raggiunge l'epitome in Moonloop.
Quando il loro sesto album vide la luce, nel 2000, i Procupine Tree erano una macchina inarrestabile. La complicità tra Wilson e gli altri membri del gruppo risultava incommensurabile, dando come risultato tracce semplicemente spettacolari.
Un lavoro istrionico che catturò l'attenzione di artisti internazionali come Mikael Akerfeldt che, dopo averlo ascoltato, si proclamò fan numero 1 della band.
L'album contiene alcune delle canzoni migliori mai composte dalla band, da Arriving Somewhere But Not Here ad Halo.
Un trionfo concettuale da 55 minuti. Mostra la band al loro picco creativo. Una vera Odissea attraverso le sfaccettature più nascoste dello spettro artistico dei Porcupine Tree.
Del 2002, quest'album fu definito, sin dall'uscita, il classico prog del ventunesimo secolo. Volutamente più heavy rispetto ai lavori precedenti, eppure ancora ricercato dal punto di vista lirico.
La discografia dei Porcupine Tree è costellata di successi. Ciò nonostante, nessun disco è paragonabile in alcun modo all'audacia post-rock e al carattere travolgente di FEAR OF A BLANK PLANET.
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