Perché Alan White chiuse il telefono in faccia a John Lennon

La collaborazione tra John Lennon ed il compianto batterista degli Yes portò risultati spettacolari come Imagine. Ma nel 1972 White chiuse il telefono in faccia a John Lennon…

Un gesto decisamente forte, sinonimo di attriti. Quando Alan White non era niente più che un giovane batterista inglese, alcuni membri della sua famiglia lo spronavano a dare il meglio, affermando che, un giorno, avrebbe suonato coi Beatles. White sorrideva alle parole dei parenti, non sapendo che sarebbero state profetiche. White, del resto, collaborò con George Harrison e con John Lennon, con quest’ultimo, poi, in maniera estensiva. L’ex colonna portante dei Beatles fu responsabile della svolta internazionale del batterista. Lennon e Yoko Ono assistettero ad una delle performance di White con i Griffin, la sua band, nel 1969: il giorno dopo l’artista sarebbe volato alla Varsity Stadium di Toronto per una data live. In quel momento, John Lennon comprese l’importanza di una band d’accompagnamento.

La band di John Lennon

Lennon decise, quindi, di optare per i migliori musicisti che conoscesse. Chiamò Eric Clapton, Klaus Voorman al basso, ex collaboratore dei Beatles, per i quali ideò la copertina di REVOLVER e il ventenne White dietro le pelli. Il giovane batterista non credette alla chiamata di Lennon, staccando il telefono nel bel mezzo della conversazione. White, nel mentre, cucinava per i suoi compagni di band e coinquilini del tempo. Intervistato da Ultimate Classic Rock qualche anno fa, il batterista ricordò così quel momento: “Pensai che qualcuno stesse prendendomi in giro. John Lennon non mi avrebbe mai chiamato”. Per di più, l’uomo all’altro lato della cornetta, propose a White di suonare dal vivo, il giorno dopo, alla parte opposta dell’Atlantico, con una band che non si era mai esibita insieme.

John perseverò. La sua fiducia in White era sconfinata e giustificata dalla performance incendiaria a cui aveva assistito poco tempo prima. White si convinse, abbandonò i Griffin poco prima di un concerto e, il giorno dopo, ricevette un passaggio in limousine per l’aeroporto di Heathrow. Di lì a poco, la Plastic Ono Band partì a bordo di un Boeing 707. White ricordò l’esperienza come qualcosa di caotico e surreale. Sedere con persone così famose e pensare di suonarci insieme risultò incredibile ai suoi occhi. L’album LIVE PEACE IN TORONTO testimonia l’esibizione: raffazzonata, ma ricca di competenza e, dunque, d’impatto. Il debutto della Plastic Ono Band aprì le porte della scena internazionale di fronte al giovane White che, grazie a quella chiamata, ebbe la possibilità di imprimere il proprio nome in alcune delle pagine più prestigiose della storia del rock.

Claudio Pezzella

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