LUCIO CORSI: Maremma in glitter

LUCIO CORSI glam italiano
Lucio Corsi by © Tommaso Ottomano
Nato negli anni Novanta, LUCIO CORSI è cresciuto nei suoni e nella diversità della musica anni Settanta. E non ha nessuna paura di sembrare un man out of time.

Era ora che nella grigia e paludata scena rock del Belpaese trovasse spazio un po' di fantasia e d'immaginazione: quella del folletto alieno in glitter e rossetto Lucio Corsi che man mano sta conquistando un po' tutti, sulla scia del suo glammissimo (terzo) album LA GENTE CHE SOGNA e show dal vivo di 2 ore e mezza tutti sold out - con la ciliegina sulla torta di un supporto a Firenze nientemeno che a The Who - in cui sembra di essere tornati negli anni Settanta di Bolan e di Bowie (ma con dozzine di ulteriori suggestioni). L'abbiamo incontra­ to a casa sua, vicino Vetulonia, nella campagna toscana, per sa­perne qualcosa in più sull'artista e sull'uomo che si nasconde dietro la maschera.

Tu sei nato nel 1993. Da cosa deriva questa tua passione per ilglam rock degli anni Settanta?

"Ho iniziato a suonare la chitarra che avevo 12-13 anni, affa­scinato dai Genesis di Peter Gabriel. Poi vidi Velvet Goldmine [il film di Todd Haynes del 1998, ndr] e, insomma, impazzii, mi si aprì un mondo. Ci ritrovai anche quel fascino che avevo trovato in Peter Gabriel e nelle sue trasformazioni, in questa fuga dalla realtà. Che è poi quello che cerco in musica. Cioè, non è proprio fuga dalla realtà, più che altro una fuga in altri panni, in altri tempi, in altre vite. Non mi piace quando la mu­sica mi racconta il mondo così com'è. Voglio essere catapulta­ to da un'altra parte. Voglio essere ingannato. E quell'inganno io l'ho trovato sia nel prog sia nel glam rock.

Cosa rispondi a chi dice che stai facendo solo del revival?

Penso che noi facciamo troppo caso alle nostre vite brevi di uomini, che durano 80-90 anni, ma il mondo ha una storia molto più lunga. Se c'è una musica degli anni Settanta, penso che in qualche modo sia contemporanea. Sono affezionato a quel tipo di approccio, a quel tipo di sound. Lo trovo, sì, "fuori dal tempo", ma in una maniera bella, come le cose che non hanno un periodo. Lo trovo il giusto modo di fare quel tipo di canzoni. E non è che lo "replico", lo approfondi­sco. Quando mi sono messo ad arrangiare l'album, ho volu­to approfondire quel tipo di sound, capire come lo facevano, e cercare di portare i pezzi in quella direzione... Proprio per un mio gusto. Perché amo quel tipo di atmosfere e quel tipo di suoni.”

Quali sono in particolare i tuoi “fari" in relazione al glam?

Ce ne sono tanti. Dai Roxy Music al primo disco di Brian Eno, dai T. Rex di Bolan assolutamente agli Sparks. Per questo disco mi sono fissato tantissimo con gli Sparks. E poi Bowie, ovviamente, e Lou Reed. Ma anche Gary Glitter

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