Perchè nel 2024 i concerti Rock costano così tanto? | Classic Rock

Renato Massaccesi: «Se nel 1988 mi sono potuto permettere un concerto di Bruce Springsteen all’Olimpico senza particolari ambasce e l’altr’anno ho dovuto rinunciare perché costava quanto una vacanza in Sardegna, vuol dire che qualcosa non va»

Qualche giorno fa è stato pubblicato sul Telegraph un intervento di Paul Heaton intitolato “Ci sono delle band che vi stanno realmente prendendo in giro”. Paul è stato il cantante degli Housemartins e dei Beautiful South e i cinque album che ha inciso con Jacqui Abbott, negli ultimi 10 anni, sono tutti entrati nella Top 5 inglese, quando non al primo posto. Si può dire abbia un curriculum più che onorevole, che gli permetterebbe di chiedere qualsiasi cifra e invece lui ha deciso di intraprendere un tour nelle arene con il prezzo imposto di 35 sterline. E se può farlo lui, può farlo chiunque. Lasciando perdere Taylor Swift o Lady Gaga (fenomeni che, per chi scrive, prescindono in gran parte dalla musica), negli ultimi anni si sono verificati eventi che sono assolutamente inspiegabili. Andando a ricercare i biglietti della mia vita da appassionato, non ho potuto avere riscontri per quanto riguarda i prezzi, perché ai tempi non apparivano sul tagliando. Ma, siccome di biglietti ne ho trovati più di cento (chissà pure quanti me ne sarò persi), tra cui 4 dei Cure nel giro di 15 anni, tenendo conto che non ho mai navigato nell’oro e nel frattempo ho messo su una collezione di dischi da più di 20.000 pezzi (e pure questi costano) mai andando sul lastrico, vuol dire che un po’ di tempo fa l’appassionato se la passava meglio. L’anno scorso, al concerto dei Depeche Mode allo Stadio Olimpico si faceva fatica a vedere gli schermi, senza dire del palco vero e proprio, e il biglietto per il nostro settore stava sui 70 euro. Probabilmente, lo stesso è capitato anche ai fan dei Coldplay quest’anno. Se nel 1988 (avevo 21 anni) mi sono potuto permettere un concerto di Bruce Springsteen all’Olimpico senza particolari ambasce e l’altr’anno ho dovuto rinunciare perché costava quanto una vacanza in Sardegna, vuol dire che qualcosa non va...

Antonio Bacciocchi: «Il rock è diventato materia per persone con una certa disponibilità economica»

Ricorre ormai da tempo la lamentela sui prezzi proibitivi o comunque non sempre accessibili per i concerti di un certo livello. Sono passati un po’ di anni da quando nel 1979 si mugugnava a denti stretti per le esose 3.000 lire richieste per Patti Smith allo stadio di Bologna. Ma eravamo ancora in una fase in cui il rock viveva in un contesto “pionieristico/primitivo”. I palchi erano essenziali, minimali, senza effetti particolari, giungle di cavi elettrici, poche luci, nessuna regola o limitazione. Fino agli anni Novanta, con poche eccezioni, la situazione è rimasta tale, poi c’è stata la progressiva introduzione di regolamentazioni più stringenti per la sicurezza, del pubblico e degli artisti. Il rock è diventato sempre più istituzionalizzato e disciplinato, le maestranze hanno acquisito lo status di lavoratori assunti secondo le normative vigenti e se si è perso quel senso di urgenza e “libertà” utopica, si è guadagnato al contrario un giusto riconoscimento delle competenze e professionalità degli operatori del settore. Tutto ciò ha fatto lievitare i costi di produzione dello spettacolo concertistico che richiede sempre più una dimensione, soprattutto visiva, complessa. Le strutture per un concerto sono diventate piccole cittadelle che necessitano del lavoro di centinaia di persone, con tecnologie sofisticate e costose, allestimenti complicati. Da qualche anno l’arrivo delle piattaforme web, con la possibilità di fruire gratuitamente della musica, ha tolto una percentuale enorme di guadagno per gli artisti. Basti pensare che originariamente i tour delle band venivano non di rado sponsorizzati economicamente dalle case discografiche, per vendere più dischi...

Tratto dall'ultimo numero di Classic Rock, già in edicola e online!

Classic Rock Italia

Classic Rock Staff

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