A.A.A. Guitar Heroes Cercasi

Foto via: teamrock.com

I “Guitar Heroes” sono una specie in via d’estinzione? O, semplicemente, una specie che si è adattata ai tempi? L’evoluzione del rock’n’roll è passata da Chuck Berry a Jimmy Page, da Eddie Van Halen fino a Slash… Ma oggi, chi sono i veri maghi della sei corde? «Classic Rock» indaga…

FOR METRO – Slash performs Monday Jan. 24, 2011 at the AT&T Center. (PHOTO BY EDWARD A. ORNELAS/eaornelas@express-news.net)

Il rock’n’roll è fondato sui guitar heroes. Bassisti, cantanti e batteristi sono anche loro importanti, ovvio, ma quando si arriva alla pietra di volta della storia del rock, si parla di chitarra solista. Chuck Berry è stato fondamentale, come anche Jimi Hendrix, Eric Clapton, Jimmy Page ed Eddie Van Halen. Negli anni 80 Steve Vai, Joe Satriani e Yngwie Malmsteen alzarono il livello con i loro funambolici chitarrismi intrisi di fusion, portando il rock strumentale ad altezze mai viste: musicisti unici che suonavano musica unica. Oggi, i chitarristi sono più numerosi che mai e se la proliferazione incontrollabile di musica (e di video su YouTube per imparare a suonare) è un indicatore attendibile, la tendenza non farà che crescere.

Ma rispondere alla domanda su chi siano i nuovi guitar heroes è un po’ più complesso. Negli anni 70 e 80, erano facilmente identificabili. Grossi pesci in uno stagno molto più piccolo, Jimmy Page, Slash e compagnia erano personaggi che colpivano e che, accanto al puro virtuosismo, impugnavano le loro chitarre come bacchette magiche. Nel 2017, con sempre più strumenti a disposizione, sta emergendo una nuova generazione di chitarristi – incredibilmente disciplinati, rafforzati da una tecnologia sempre più spinta e sostenuti dai social media. È uno strano mix. Da un lato molto più liberi, dall’altro condannati a sopportare una pressione estrema.

Credo che ogni generazione voglia il suo guitar hero”, dice Jason Sidwell, redattore delle riviste «Guitar Techniques», «Guitarist» e «Total Guitar ». “E molti cercano il guitar hero all’interno di un ambiente classic rock, perché storicamente è il genere dove più facilmente trova spazio un chitarrista. Sotto molti aspetti, oggi le cose sono meglio di come erano negli anni d’oro, ma anche molto più ristrette”. Ma a cosa può somigliare un guitar hero – o anche un aspirante tale – nel 2017? Non certo a un cantante bravo a suonare la chitarra, prendete Lizzy Hale, o a un ottimo esecutore all’interno di un gruppo. Piuttosto, a un musicista che ponga la chitarra sopra ogni altra cosa.

Apparentemente, sono giovani e spesso accoppiati a icone rock disposte ad allevare la nuova generazione di stelle delle sei corde. Oggi 32enne, la fenomenale australiana di origini greche Orianthi ha iniziato a suonare quando aveva sei anni e a 16 si esibiva con Steve Vai, prima di arrivare a suonare con Santana quando ne ebbe 18 anni.

Per il 18enne Quinn Sullivan, il mentore è stato il leggendario bluesman Buddy Guy, che lo prese sotto la sua ala. Quinn all’epoca aveva otto anni, e negli anni successivi apparve in diversi talk show americani. “È così che la gente mi ha conosciuto”, dice Quinn a «Classic Rock». “Ora il mio obiettivo è fare le mie cose, i miei tour, e far capire alla gente che non sono solo il piccolo prodigio di Buddy Guy”.

SAO PAULO, BRAZIL – JUNE 12: Singer Buddy Guy performs during a show as part of the Best Blues Festival at WTC Golden Hall on June 12, 2013 in Sao Paulo, Brazil. (Photo by Mauricio Santana/LatinContent/Getty Images)

Aaron Keylock, che iniziò a jammare nei locali di Oxford quando era ancora alle elementari e a 12 anni era di casa nei locali blues di Londra, s’innamorò della chitarra grazie ai dischi di rock classico del padre e al fascino del palco. “Ho sempre cercato di suonare dal vivo, per trovare il mio sound”, ci dice Keylock, che ha appena pubblicato il suo disco di esordio, CUT AGAINST THE GRAIN. “Ma ciascuno trova un modo diverso d’imparare, perché se vuoi suonare è quello che devi fare. Trovare la tua strada, e non fissarti su una sola”.

Aaron Keylock.
Foto via: teamrock.com

Dorian Sorriaux, che aveva 16 anni quando si unì al gruppo rock svedese dei Blue Pills, ha avuto un inizio simile. A casa, in Francia, suonava con musicisti più grandi di lui e perciò assorbì nel suo stile influssi come Peter Green e Paul Kossoff. “Jammavo ogni volta che potevo”, spiega. “Quando avevo tredici anni, dove vivevo si teneva una jam session ogni giovedì sera e nel locale c’erano solo adulti. Ma io ci andavo sempre, perché era un ottimo modo per imparare. Ho imparato un mucchio di cose anche dai Dvd delle riviste di chitarra – ho seguito un sacco di lezioni su Dvd”.

Con tutto questo materiale didattico disponibile oggi, per i chitarristi è possibile iniziare a studiare molto presto. In effetti da questo punto di vista non è cambiato molto. “Il punto è che i nuovi chitarristi vogliono imparare come essere bravi”, dice sorridendo Joe Satriani, che ha insegnato a Steve Vai e molti altri, prima di diventare lui stesso un guitar hero. “C’è un quid ineffabile che colgono… I giovani musicisti in giro oggi sono intelligenti, hanno buon gusto e sanno cosa gli piace, e vogliono essere bravi quanto quelli che vedono suonare. Per cui, non credo che le cose siano davvero cambiate”.

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