Stand Up: tre domande a IAN ANDERSON (Jethro Tull)

ian anderson, jethro tull
© Heinrich Klaffs via FLICKR
Il leggendario flautista/frontman IAN ANDERSON ci parla del fondamentale secondo disco dei Jethro Tull, quello che li allontanò dal blues e definì il loro stile

THIS WAS era un disco blues con l’aggiunta di un flauto. Cosa cambiò col successivo?
Il primo disco fu un modo per iniziare ad avere un pubblico, e cominciare a essere capaci di farne uno. Io però volevo sviluppare il gruppo più nella direzione di quella che la stampa inglese avrebbe poi chiamato musica rock prog. Andavo al Marquee a vedere i King Crimson, e anche i primi concerti degli Yes. Tutto questo mi rafforzò nella convinzione di poter osare un po’ di più.

Nel passaggio tra i due dischi, il chitarrista Mick Abrahams fu sostituito da Martin Barre. Come mai?
Tanto di cappello a Mick Abrahams: era un ottimo chitarrista, un bravo cantante e teneva il palco benissimo. Ma quello che io volevo per il gruppo non faceva per lui. Lui amava il blues e il r&b. Voleva fare THIS WAS II. Lo convinsi a suonare su Love Story [singolo del 1968, non presente sul disco] ma quando fu pubblicato era già fuori dal gruppo.

Cosa provocò il cambio di direzione? La noia?
Be’, ho sempre detto che il progressive alla base nasce dalla noia di suonare di continuo le stesse cose. E più cresci musicalmente come professionista, più diventi consapevole di cosa puoi realizzare. Volevo fare un sacco di cose. Ad esempio, avevo appena iniziato a interessarmi di musica classica, non solo per starla a sentire, ma ascoltarla a fondo e farsi venire idee. In effetti, c’erano solo due generi con cui non volevo avere niente a che fare: il country & western e qualsiasi cosa che prevedesse una chitarra hawaiana.

 

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