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1972: l’uragano Bowie colpisce New York

Andy Warhol non riuscì ad accaparrarsi un terzo biglietto, il Carnegie Hall si riempì in poco tempo di giornalisti e di curiosi: tanti non avevano mai sentito Bowie, tutti erano incuriositi dalla nomea dell'abbagliante Ziggy Stardust.

Alcuni furono delusi: si aspettavano Alice Cooper, i Rolling Stones o Iggy Pop, e invece si trovarono davanti un artista come Edith Piaf. Qualche giorno dopo Ron Ross recensì il concerto su «Record World»: qui Bowie appare come “un uomo intimo, pieno di gusto, dignitoso”. Il giornalista mette da parte tutto ciò che di Bowie – anzi, di Ziggy – si era detto ed esagerato: sì, è vero, un suo concerto era anche un fashion show, ma gli USA furono costretti a ridimensionare quella caricatura insincera: Bowie era molto più di un animale da palcoscenico.

Un artista che anche senza abbagliare costringe a un rispettoso silenzio. E il pubblico di New Yor non è generalmente rinomato per il rispettoso silenzio.

Il concerto era stato fissato per il 28 settembre 1972, terza data del tour che avrebbe portato David Bowie and Spiders From Mars oltreoceano. La loro musica non era ascoltata moltissimo in America, ma di Bowie, e soprattutto di Ziggy, si parlava eccome. La sottile linea di confine tra David e il suo personaggio dell'epoca non era percepita dal grande pubblico, che pian piano venne attirato dalla sua figura così enigmatica, aliena ed estrema.

Bowie era tutto quello che gli outsiders aspiravano a diventare. Non perché volessero i suoi costumi, o i suoi capelli rosso brillante. Perché volevano il suo coraggio, la sua aria di distacco dal resto del mondo, come se tutto lo toccasse ma niente lo riguardasse davvero.

La musica era un modo per esprimere la sua personalità controversa e la sua mente pensava il mondo con logiche segrete e misteriose, lontane da quelle degli altri. Bowie era l’alterità fatta persona e Ziggy in quel periodo era anche una forte affermazione di questo essere alieno, diverso, inarrivabile.

Non mancarono le critiche: Tattler Bob, amico di un giornalista del «New York Post», che recensì il concerto il giorno dopo, era un critico severo, e preferì il Bowie degli album da studio. La performance live gli parve molto caricata, un tentativo di colmare con gli effetti speciali l’incapacità di Bowie di avere una forte presenza scenica. Ma neanche Tattler Bob riuscì a stare fermo quando i musicisti suonarono Round and Round.

Il concerto fece di Bowie un artista molto amato negli USA, ma quello stesso tour si concluse all’Hammersmith Odeon di Londra con la celebre affermazione

Tra tutti i concerti del tour, questo, questo in particolare ce lo ricorderemo per sempre, perché non soltanto è l'ultimo della tournée, ma è anche l'ultimo nostro concerto in assoluto. Grazie.

Claudia Marzetti

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Claudia Marzetti

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