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Le macabre storie di REIGN IN BLOOD degli Slayer

Nell'ottobre del 1986 gli Slayer consacrano un genere musicale, il thrash metal, con un celebre album dai contenuti alquanto macabri. Avete un po' di paura?

Nel 1986 la scena musicale trash metal se la contendevano MASTER OF PUPPETS dei Metallica e REIGN IN BLOOD degli Slayer. Per non parlare di altri gruppi come i Kreator e i Megadeth. Tuttavia, solo gli Slayer riuscirono a imporsi come leader del genere, promessa fondativa del futuro death metal.

Tutti li conoscevano, sin da quando, nel 1981, due chitarristi si erano incontrati a un concerto dei Judas Priest con un'idea comune in mente. Da un lato Jeff Hanneman, collezionatore di cimeli nazisti per interesse storiografico, dall'altro Kerry King. Due ragazzotti americani dai lunghi capelli che portarono nella loro neonata band il cantante e bassista cileno Tom Araya e il batterista cubano Dave Lombardo. Così nacquero gli Slayer, in un'epoca dove il metal si stava consolidando nelle sue più svariate sfumature. 

E gli Slayer si fecero notare sin da subito con una combinazione di growl, groove violenti e feroci alla batteria e velocissimi assoli. Una prima impressione densa, vulcanica, oscura e rivoluzionaria, che crea un intrigante e macabro nuovo genere musicale. E lo testimoniano anche i testi delle canzoni, nate dalla penna di Hanneman, che rimandano a temi quali il nazismo, l'omicidio, la necrofilia, la guerra e la violenza. Argomenti ruvidi, aggressivi e d'impatto, così come il sound che li accompagna.

Per questo non si può rimanere indifferenti alla presenza martellante e viscerale degli Slayer che, guidati dalla voce di Araya, ricreano scene demoniache e velate di un odio e una violenza sotterranea e implosiva, destinata a riversarsi fiammante sul palcoscenico. E su queste premesse nasce e si sviluppa REIGN IN BLOOD

L'album diede da subito scalpore per le tematiche trattate, che rivestivano perfettamente lo stile degli Slayer, ma erano toste da digerire. In particolare un brano spicca sugli altri, Angel Of Deathil più lungo del disco, rivolto a una proiezione introspettiva nella mente malata del Dottor Mengele.

Il riferimento storiografico è a Josef Mengele, medico nazista di Auschwitz tristemente conosciuto per i suoi esperimenti disumani sulle sue vittime. Tra questi, era solito iniettare blu metilene negli occhi dei bambini per rendere l'iride azzurra, come si confaceva alla razza ariana. A dir poco aberrante. Jeff Hanneman lo definisce nel testo "infame" e "rancido", ma questo non frenò schiere di esaltati dal tenere il braccio teso durante i concerti. Per questo motivo gli Slayer furono accusati di ideologie naziste, soprattutto dati gli interessi collezionistici di Hanneman. 

Anche gli altri brani indagano temi violenti e sanguinari. Dall'efferatezza omicida e splatter di un serial killer, Criminally Insane, alla necrofobia, Necrophobic, legata a un inquietante fascinazione, fino alla critica iconoclastica della Chiesa, con Altar of Sacrifice.

I pezzi sono così dettati da una buona dose di coraggio, unita a una minuziosa e approfondita descrizione, fino a raggiungere una rappresentazione iconica. Si apre quindi uno scenario musicale, artistico, letterario e storico che fa della potenza mortuaria dell'immagine la sua portavoce.

E gli Slayer su questo stile hanno costruito una brillante carriera, che ancora oggi portano avanti, con una diversa formazione, indipendentemente dall'evoluzione contemporanea della scena musicale.

Francesca Brioschi

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