Il migliore (e il peggiore) brano di ogni album dei Genesis

Occorre prestare particolare attenzione quando si analizzano le migliori canzoni dei Genesis da ogni album, così come quelle peggiori, vista la mutevolezza del sound della band negli anni.

Periodi creativi differenti che hanno portato a profonde svolte sonore. Quello dei Genesis, è un percorso particolarmente variegato, in grado di oscillare dal progressive rock più visionario al pop da arena. Comunque sia, ogni era dei Genesis ha avuto i suoi alti e bassi, coi relativi highlight più significativi e, purtroppo, anche le più ripide cadute di stile. Scopriamo subito i due lati della medaglia: il meglio ed il peggio dei Genesis in ogni album.

FROM GENESIS TO REVELATION (1969)

In The Beginning rappresentò il punto più alto del disco, basato su una tematica Biblica decisamente chiara. L'album non presenta ancora la band al proprio massimo, non c'è traccia dell'iconico sound progressive che avrebbe portato i primi Genesis sul tetto del mondo. Fu un album nato di fretta, come ricordò Peter Gabriel in diverse occasioni da cui ha, comunque, modo di emergere una piccola gemma, intrigante soprattutto nelle sezioni vocali. In The Wilderness tocca, invece, l'estremo negativo, il tentativo malriuscito di creare una hit da classifica.

TRESPASS (1970)

In maniera opposta a molte delle produzioni della Gabriel Era, TRESPASS non ha goduto di una rivalutazione negli anni. Rimane un disco poco apprezzato anche dagli appassionati più irriducibili della band. The Knife mostra, però, un gruppo evoluto, più oscuro e dal sound più distintivo. Dal vivo, i Genesis cominciarono a suonare con una maggiore sicurezza, meglio, più forte e per più tempo. Dusk, d'altro canto, ripresenta tutte le lacune del gruppo, ancora troppo radicato nel pop da cui provenivano.

NURSERY CRIME (1971)

Phil Collins e Steve Hackett conclusero il puzzle della storica line-up da 5 membri con cui i Genesis toccarono il tetto del mondo. The Musical Box, basata su una favola Vittoriana, cattura l'ascoltatore grazie alla brillantezza della tecnica del chitarrista, vero pioniere del tapping. Harlequin, con la sua dolce stucchevolezza, rappresenta, invece, il punto più basso del disco.

FOXTROT (1972)

Una collaborazione fruttuosa, quella dei Genesis del tempo. La band attraversò un repentino processo di sviluppo che portò a tracce trionfanti come Watcher Of The Skies, pur non rimanendo esenti da errori come Time Table, una canzone folk dall'attitudine medievale, completamente fuori contesto in un album che rasenta la perfezione.

SELLING ENGLAND BY THE POUND (1973)

Firth Of Fifth o, in altre parole, il contributo più importante di Steve Hackett ai Genesis. Un brano estremamente melodico, in cui il folk, la musica religiosa ed il blues collimano con le scale asiatiche; un lavoro iconico, dall'eclettismo encomiabile.I Know What I Like (In Your Wardrobe), invece, è un brano superfluo e dimenticabile.

THE LAMB LIES DOWN ON BROADWAY (1974)

Carpet Crawlers è l'highlight principale in un disco sicuramente migliorabile. Una traccia, comunque, interessante perché avrebbe segnato il punto di partenza da cui Peter Gabriel avrebbe tratto il suo sound solista. Lilywhite Lilith, invece, si presenta, ancora una volta, fuori contesto, appartenente ad idee precedenti per il disco, poi scartate in corso d'opera.

TRICK OF THE TAIL (1976)

La prima, vera, vetrina di spicco per Phil Collins. I Genesis non sarebbero più stati gli stessi dopo questo disco, da cui emerge Ripples, il punto di congiunzione perfetta tra il passato prog e la direzione pop futura della band. Al lato opposto, troviamo Robbery Assault & Battery, un brano che tenta in vano di ricreare le atmosfere della Gabriel Era, ovviamente senza successo.

WIND & WUTHERING (1976)

Con i Genesis in alto mare per gli attriti creatisi tra Tony Bank e Steve Hackett, WIND & WUTHERING nacque in un clima abbastanza distorto. Comunque, Eleventh Earl Of Mar fornisce uno degli ultimi, validi, esempi della chitarra di Hackett nella band, venendo da lui creativamente diretto. All In A Mouses's Night, invece, proposto da Tony Banks, si presenta superfluo e mediocre.

AND THEN THERE WERE THREE (1978)

Con il suo travolgente riff alla tastiera che traina tutto il brano, Deep In The Motherlorde presenta al pubblico una somma efficace dei vari contributi dei componenti della band. Collins è brillante, tanto quanto Rutherford, fondamentale, e Banks, in primo piano. The Lady Lies, d'altra parte, risulta secca e noiosa, uno spreco di linee di basso creative.

DUKE (1980)

La trasformazione dei Genesis in eternauti del pop era compiuta in DUKE, dimora di una delle hit più evocative della band: Turn It On Again, un vero e proprio inno, manifesto delle intenzioni dei Genesis in quegli anni. Duke's Travels è, invece, il brano più lungo nel disco, una prova prog in vecchio stile, obsoleta e poco efficace.

ABACAB (1981)

Altro capolavoro dei Genesis, la titletrack di quest'album viene ricordata con grande ammirazione dai fan della vecchia guardia e vista con profondo interesse dagli appassionati della nuova lena. Abacab mostra una band ispirata e in costante esplorazione di sé, mentre Who Dunnit è una ripetitiva e deludente traccia ben poco creativa.

GENESIS (1983)

Un ultimo ritorno al passato del prog. Home By The Sea è una traccia ben costruita sui baluardi dei Genesis di un tempo, ormai divenuti star del pop da classifica. Illegal Alien, dall'altra parte, con i suoi stereotipi negativi nei confronti della cultura latinoamericana, rappresenta un'altra pagina dimenticabile nella storia dei Genesis.

INVISIBLE TOUCH (1986)

Un capolavoro apocalittico dalle atmosfere misteriose e solenni. Parliamo di Domino, traccia impeccabile in un album storico. La titletrack, invece, è sicuramente da meno, presentandosi vuota e poco coinvolgente.

WE CAN'T DANCE (1991)

No Son Of Mine è il punto più alto del disco, un'esplorazione emozionale della travagliata relazione con suo padre, immediatamente spinta sul podio delle chart internazionali. Hold On My Heart, invece, è una sciapa ballata soft rock firmata Phil Collins, pesante per la sua vena profondamente commerciale.

CALLING ALL STATIONS (1997)

La traccia di chiusura dell'ultimo album dei Genesis: One Man's Fool, risulta semplicemente intramontabile, sia per le tematiche trattate che per la strumentale in pieno stile Phil Collins. Congo, invece, con le linee vocali languide e la strumentale tendente al prog dei primi giorni dei Genesis, si presenta inconsistente, non riuscendo nel suo intento di scalare le classifiche in giro per il mondo.

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