Da molti considerati padri del metal progressivo, i Rush basavano il loro approccio su un sound travolgente, messo al servizio di testi eclettici, firmati dal compianto e istrionico virtuoso delle pelli, Neil Peart. Oggi, i Rush sono un ricordo, ma il loro catalogo rappresenta un lascito inestimabile ed eterno di puro buongusto musicale. Scopriamo, di seguito, i loro brani più singolari.
Neil Peart ha trattato tematiche delicatissime nei suoi testi. Nel 1975, poi, per questo blues-rock spontaneo e giocoso, espresse tutto il suo terrore di perdere qualche capello in più.
Uno dei brani preferiti di Geddy Lee. La traccia del 1980 si inerpica lungo fitti labirinti sonori, dividendosi in tre parti distinte, tutte di grande impatto.
La stranezza anima COUNTERPARTS. Il disco del 1993 conquistò una nomination i Grammy di quell'anno come migliore performance rock strumentale. Lee e Peart non erano estranei ai ritmi funky che trainano la traccia, mentre i soli squillanti di Lifeson costituiscono le atmosfere più teatrali.
Particolarmente disgiunta, ma comunque intrigante. Red Lenses è un classico assoluto del gruppo, impreziosito dai testi privi di senso di Neil Peart, incentrati sulla paranoia condivisa dalle persone negli anni della Guerra Fredda.
Basata su una poesia di Peart che racconta di una scalata in Cina, questa traccia costruisce ambientazioni paranormali nel tentativo di emulare i suoni tradizionali della musica asiatica.
In pieno contrasto con lo stile usuale della band, Scars presenta un groove ripetitivo, roboante, mostrando la band in una veste completamente diversa ed insolita rispetto a quella a cui abituò il pubblico sin dal principio.
Dai tratti particolarmente sinistri, questa traccia tendente all'epica fantasy si districa lungo ambientazioni melancoliche e dolci.
Un brano fresco e ricco di vitalità, radicato in premesse particolarmente profonde. Si ispira, per la strumentale, al jazz e al blues.
Dopo una intro particolarmente convenzionale, i Rush si lanciano in un esercizio funk metal irrefrenabile, accompagnato da lyrics dalla vena noir.
Ben nota al pubblico per essere la traccia in cui Geddy Lee si cimenta nel rap, Roll The Bones fu il tentativo grossolano, ma sicuramente divertito, dei Rush di unire alla propria attitudine musicale, uno dei generi di punta della scena mainstream dei primi anni '90.
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