“Basta cellulari ai concerti” | Classic Rock

Come in un Cirque du Soleil

“Basta cellulari ai concerti!”. Ormai vecchia e noiosa, la polemica è riesplosa anche questa estate, quando la stampa ha ripreso e amplificato le lamentazioni di alcuni big del music business. Il dj Bob Sinclair, per esempio, ha postato sui suoi social una storia in cui raccontava di una serata storta a Mykonos (“sono depresso, è stato il peggior concerto della mia carriera, un incubo”). Solo poche settimane prima un mostro sacro come Bob Dylan aveva nuovamente ribadito la sua nota posizione phone free: ai suoi concerti di questo autunno, ci ha fatto sapere, non basterà spegnere i telefonini, ma bisognerà inserirli in una custodia sigillata che potrà essere sbloccata solo dagli addetti. Tolleranza zero. Analoghe posizioni le hanno prese negli ultimi anni gli U2, Jack White, i King Crimson e tanti altri. Rara voce dissonante in questo crescente coro proibizionista, quella di Damon Albarn: “Dove andremo a finire?”, ha più o meno detto, “E poi, se fai divertire la gente, stai sicuro che non si metterà a giocare col cellulare”. Ma chi ha ragione? Mi verrebbe da dire che questo è un mostro che abbiamo creato noi stessi.

Togliendo via via sempre più importanza alla musica, prestando attenzione allo show, ai lustrini, alle scenografie, alla confezione insomma, abbiamo lanciato un segnale preciso al pubblico: un concerto è un “evento”, e come tale va vissuto. E oggi, lo sappiamo, vivere un evento significa soprattutto condividerlo. Lo facciamo tutti. Andiamo a cena? E subito proviamo l’irrefrenabile desiderio di mostrare al mondo dove ci troviamo in quel preciso momento e cosa stiamo consumando. I social hanno liberato il nostro lato più esibizionistico e quello più voyeuristico. E poi c’è un altro aspetto: questo è il prezzo da pagare se punti al successo mainstream. Perché, come è noto, ai concerti ci vanno sostanzialmente due tipi di persone: gli appassionati di musica e i cacciatori di selfie. I primi, e questo è sotto gli occhi di tutti, sono ormai un’esigua minoranza. La conseguenza è che gli altri hanno trasformato il rock in una specie di variopinto Cirque du Soleil della musica: un rumoroso Paese dei Balocchi dove vince chi la spara più grossa, chi monta le scenografie più imponenti, chi sfrutta le tecnologie più sofisticate e costose. Pensate agli iper-tecnologici show presentati a Las Vegas dagli U2, o alle orge di luci ed effetti dei Rammstein. Ecco, il rock per la maggior parte del pubblico di oggi è quella roba lì. Che ci si rassegni dunque ai cellulari e alle dirette Instagram, ben ci sta.

Maurizio Becker

mauriziobecker@stonemusic.it

…tratto dall’ultimo numero di Classic Rock, disponibile in edicola e online!

Maurizio Becker

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