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Gli ultimi giorni di MARC BOLAN

Quarantuno anni fa, il guru del glitter Marc Bolan moriva in un incidente automobilistico, proprio quando la sua carriera stava ripartendo alla grande

Vedi, la mia idea del rock’n’roll è… per dirla con Dylan, un subterranean homesick blues”, diceva Bolan. “Un rock’n’roll surrealistico. È questo che mi piace, ed è questo che ho sempre voluto fare. Credo di essermici avvicinato quando ho scritto quel verso, “cloak full of eagles” [Un mantello pieno di aquile, ndr]. È una grande idea, un’immagine potente. Apri un mantello ed è pieno di aquile…”.

Foto via: teamrock.com

E mai e poi mai dovrai incontrare i tuoi idoli”. Se un proverbio del genere non esistesse, qualcuno dovrebbe inventarlo. Ovviamente, quando sei un giornalista rock incontrare i tuoi idoli è un rischio del mestiere. Non facciamo nomi, ma il  più delle volte la realtà non si rivela all’altezza dei tuoi sogni. Un incontro faccia a faccia con un tuo idolo può essere un’esperienza traumatica, triste, addirittura deprimente. Una delle rare eccezioni fu Marc Bolan.

1975: l’intervista a Mark Bolan prima della sua uscita di scena

Lo intervistai solo una volta, ma è una di quelle occasioni che non dimenticherò mai. Era il novembre del 1975, negli uffici della Tony Brainsby Publicity, poco  prima della pubblicazione di FUTURISTIC DRAGON. Diciamolo pure, non uno dei suoi lavori più conosciuti.

Ma i giorni in cui era il guru del glitter rock &  l’idolo adolescenziale più figo sul pianeta erano ormai alle sue spalle, e gli immensi T. Rex si erano dissolti lungo le coste nebbiose di Albany, per cui Bolan aveva  bisogno della stampa. E io colsi al volo – anzi, diciamo la verità, non riuscii a contenere l’entusiasmo – l’opportunità di intervistare il mio idolo di quando andavo a scuola. Bolan sembrava rilassato, pronto a cimentarsi col rito dell’intervista. I capelli esibivano barlumi dorati e azzurrini, aveva un paio di occhiali esageratamente grandi, dando l’idea di uno strano incrocio tra il conservativismo di Cliff Richards e il gusto provocatorio di Elton John.

Foto via: wearecult.rocks

Un attimo! Fermi tutti!  Per caso… dietro quelle lenti grandi e scure, mi si rivelò un vago nervosismo, una leggera inquietudine? Forse Bolan, pur con tutto il suo passato glorioso, aveva  ancora dei problemi quando doveva affrontare la stampa? “Problemi? No, no, assolutamente no”, disse in tono rassicurante.

Quando iniziai con i Tyrannosaurus Rex, la stampa fu sempre molto carina con me. Poi arrivò Ride A White Swan [il primo hit di Bolan nel 1970] e all’improvviso diventai, come si dice, vendibile.  Faceva molto fico usare la mia faccia sulla copertina di una qualsiasi cosa. Penso ancora che, al di là di cosa scriva la gente sui giornali, sia sempre bene  apparirci”, continuò. “Ho sempre qualcosa interessante da dire, almeno finché la persona giusta fa le domande giuste. Ok, è vero, ho passato un periodo in cui non volevo dire niente alla stampa, ma credo che capiti a ogni artista lo ….”.

In effetti, Bolan aveva attraversato un periodo molto problematico. E solo ora stava cercando di rimettere in riga il suo talento sfrenato e ristabilire la sua popolarità. Era caduto molto in basso. All’apice della popolarità dei T. Rex, nel 1971, aveva  avuto due singoli al n. 1 (Hot Love e Get It On) e un album anch’esso al n.1, ELECTRIC WARRIOR, un classico senza tempo, ricco di boogie cosmico, sesso,  allusioni e sensualità sfacciata – il tutto tenuto assieme da un carisma degno di un folletto. Ah sì, quell’anno aveva avuto anche un n. 2 nella classifica dei singoli, Jeepster. ‘Life’s a gas… I hope it’s gonna last’, cantava Bolan all’apice della sua fama. Sfortunatamente, non fu così. Nel giugno del 1973, affermò: “Il glam rock è morto”.

Nella primavera del 1974 lasciò la Gran Bretagna per immergersi a fondo in oceani di cocaina e alcool e – imbambolato dalla sua nuova fiamma, la  cantante USA Gloria Jones – riciclarsi gencome produttore di musica soul in America. Ora era tornato a casa, carico, asciutto, in forma e pronto a riconquistare il  rono del pop. O almeno questo era il piano.

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