Queen – Recensione – Live at Rainbow ’74

Queen Live at Rainbow ’74

Artista: Queen

Titolo: Live at Rainbow ’74

Etichetta: UNIVERSAL

Autore: Paolo Bertazzoni

 

Gradita sorpresa
Finalmente, a quarant’anni dalla sua effettiva realizzazione, vede la luce la testimonianza di uno dei più entusiasmanti periodi della band di Mercury e soci, che nel 1974, infiammarono per ben due volte il pubblico del Rainbow Theatre di Londra.
È una pubblicazione attesa, richiesta da tempo dai fan che, finora, si erano dovuti accontentare di qualche bootleg e di una fugace pubblicazione in Vhs risalente ormai a una ventina di anni fa.
Stavolta, però, la Universal ha dato fuoco a tutte le polveri, sfruttando ogni formato possibile: doppio Cd, doppio e quadruplo vinile, Dvd, Blu-ray e perfino l’immancabile cofanetto arricchito da memorabilia di vario genere (il fac-simile dei biglietti, ad esempio).
Ma ciò che più conta è la performance (anzi due, visto che l’edizione in doppio Cd include sia quella di marzo che quella di novembre), utile a fotografare una band nel pieno del suo periodo più hard rock, quando Freddie era sbarbato, aveva il volto incorniciato da una fontana di capelli corvini, e la sua voce, dal vivo, era ancora più vigorosa e angelica rispetto a quella sfoggiata nei ben più noti e iconici live degli anni Ottanta.
Piacciono le atmosfere crude, ruvide e romantiche di brani come Ogre Battle e Son And Daughter, mentre l’assist pianoforte/chitarra vede il duo Mercury/May dare vita all’incantevole, drammatica maestosità dell’amore non corrisposto attorno a cui si costruisce l’intimista White Queen (As It Begun).

[quote align=’left’]È una pubblicazione attesa, richiesta da tempo dai fan che, finora,
si erano dovuti accontentare di qualche bootleg.[/quote]

Siamo all’epoca di Queen II, l’album più cupo, enigmatico e malinconico del gruppo britannico, e di Sheer Heart Attack, qui magistralmente celebrati dai loro stessi autori in una veste inedita ed emblematica, troppo a lungo trascurata, confinata nel buio degli archivi relativi alla loro primissima produzione.
Un altro plus di questo live sta nel notevole lavoro di pulizia del suono, che pone in risalto sia la limpidezza della voce di Mercury (grande prova, in questo senso, la versione di The Fairy Feller’s Master Stroke della performance di marzo, da cui emerge un superlativo inciso a cappella) che la pienezza del sound della band.
A questo punto, c’è solo da sperare che questa non rimanga un’iniziativa isolata e che, invece, preluda a un sistematico lavoro sulle tante registrazioni ancora inedite dei Queen.
Insomma, in attesa di vedere anche il live all’Earls Court del 1977, o magari lo special natalizio del 1975, non ci resta che goderci la notte del Rainbow!

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